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28 | il volta alpinista |
Ebbi altresì la soddisfazione, confrontando le osservazioni barometriche fatte al San Gottardo dai Cappuccini per alcuni mesi di seguito nel 1762, e le altre fatte a diverse stagioni nel 1765 dal sig. Jetzler, fisico e matematico di Sciaffusa, registrate quelle e queste negli Atti della Società fisico-economica di Zurigo, di ritrovarle tanto conformi alle nostre, quanto essere lo possono, avuta considerazione alle mutazioni di tempo, ecc.; dimodochè il minimo scrupolo non ci rimane intorno all’esattezza delle nostre osservazioni, circa alle quali possiam dire francamente, riguardando, massime al metodo sopra descritto e da noi religiosamente tenuto, di osservare sempre contemporaneamente, a stazioni diverse, due barometri perfettissimi ed egualissimi, che niuno in esattezza di tali osservazioni ci ha superato».
Dopo questo racconto, freddo e matematico, degli attrezzi adoperati e dei valori barometrici ottenuti, il Volta continua la sua Relazione con alcune splendide pagine di pittura alpinistica, che io colloco senz’altro fra le migliori del genere, degne di rivaleggiare colle più belle descrizioni alpestri, uscite dalla penna del De Saussure, del Lamartine, del Dumas padre, del Töpffer, del Rambert e del Michelet, per non parlare che dei pionieri della letteratura alpinistica. Sono pagine magistrali, dove l’alpinista, il geologo ed il filosofo si uniscono in uno sforzo concorde ed armonico per cogliere nella sua maestà solenne la fisionomia della montagna, quella fisionomia così complessa e così nuova che, la parola non solo, ma financo la tavolozza del pittore più abile difficilmente arrivano a copiare in modo fedele. Oggidì, dopo tanto spreco di bellezze alpine, dopo tante stereotipate pitture di monti, dopo tante leziosaggini e ripetizioni, oggidì la montagna si capisce e si descrive anche dagl’ingegni mediocri, come riesce facile zuffolare o canticchiare una melodia, dopo averla udita e riudita per molte sere di seguito a teatro. Ma, riportandoci ad un secolo fa e più addietro ancora, quando i monti erano considerati sup-
rochers désunis„ tra cui un blocco immenso che costituisce la vetta; del panorama che di lassù si scorge, ecc. In nota osserva che la misura altimetrica da lui presa (tese 1378 sul livello del mare) differisce un poco da quelle trovate dal Volta e dal Pini, ma soggiunge che tali differenze “ne sont d’aucune importance„ (Tomo VII, cap. XV, pag. 47 e seguenti).
Il geologo milanese ermenegildo pini, che fu al Gottardo nel 1781 e nel 1783, calcolò l’altezza della cima di Fieudo in tese 1431 1/6. Nella sua Memoria mineralogica sulla montagna e contorni di San Gottardo (vedi più avanti, nota a pag. 42) dice le ragioni in appoggio a questa cifra: però, riconoscendo assai plausibile anche la determinazione del De Saussure, propone di fare la media fra le due, e stabilisce quindi l’altezza della cima di Fieudo in tese 1405 circa.
Valori differenti diedero altri autori: il Weiss calcolò 9560 piedi ed il Muller 9470 piedi.