Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/327


canti patrii. 287

Mitezza e i fior d’un glorïoso aprile,
Anima del mio canto,
Mio dolente e gentile
Amore, Italia mia? Oh! le solenni
Primavere dei popoli son lente
A rifiorir. Ma eterno
E implacabile è il verno
Che ti flagella, antica penitente.
E, a questi dì per ultima sventura,
Vedi siccome cascano dal sacro
Albero de la vita,
Quasi poma da pianta illanguidita,
Su’ tuoi giardini, i rari
Che ti restavan grandi cittadini.
E ad inasprir l’affanno
Non si vede spuntar dai rami avari
Nuovi germogli a ripararne il danno.

VI.

     Ahi misera! da secoli tu sconti
Quell’immortal peccato
D’aver manifestato
Quanto valevi al mondo.
Onde le genti n’ebbero spavento
Con crudel gelosia. Però dal fondo
De le barbare patrie ad una ad una
Corsero all’Alpi, e ti gittò ciascuna
La sua pietra sul capo; e t’àn lasciata,
Come adultera antica, lapidata.
Era vergogna e rabbia
Per i ceppi latini; era un selvaggio