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20 SCHILLER

credùlo e infelice Egmonte, «valendosi a ciò de' suoi figli Ferdinando e Federico Toledo, la cui giovinezza e amabilità meglio si confacevano all'indole fiamminga. Ed Egmonte si compiaceva d'entrare e uscire con ilarità dal palazzo del duca, e accoglieva quei giovanetti in casa, e si rallegrava dei loro inviti». E così dopo pochi mesi era tratto al patìbolo. Ma quando il poeta dipinge alla moltitudine le calamità di tempo lontani, debb'egli allacciarsi in minuziose date? Quando ha bisogno di raccogliere in un quadro tutto lo sforzo della luce e delle ombre, debb'egli, piuttosto che smòvere una data, smarrire volontariamente l'effetto? Se le date sono la croce degli scrittori, come pensava il sagace Foscolo, facciamo un privilegio a favor della passione e della poesia; lasciamo pure che Schiller antìcipi di qualche anno le vaste ruine onde le armi spagnole affissero pur troppo i Paesi Bassi; lasciamo pure che antìcipi l'età sessagenaria di Filippo, appena uscente allora di gioventù, se queste antidate sono un sussidio d'arte scènica, che aggiunge potenza alla sua pittura. Lasciamo pure che supponga vivo e minaccioso Solimano, morto già da due anni (1566); lasciamo che precipiti di vent'anni l'esterminio delle settanta navi ingoitate dal mare nell'assalto dell'Inghilterra (1588). Ma si vorrebbe che a queste differenze tra Schiller tragico e Schiller istòrico ponessero mente quesgli studiosi che, non so dove, hanno preso il concetto d'una tragedia senz'ale, che cammini al tutto cogli stivali dell'istoria, e hanno sognato una siffatta differenza tra l'arte di Schiller e quella d'Alfieri.

Diremo lo stesso delle pastorali dolcezze a cui si abbandona la regina nel giardino d'Aranjuez, in quei bellissimi versi:

Nel mio regno qui sono.
Qui de' miei giovanili anni l'amica,
La campestre natura, il suo saluto
M'invìa; qui trovo i sèmplici trastulli
Della mia fanciullezza, e l'àure io sento
Spirar della mia Francia.

E quando le si parla del supplicio d'un protestante, si lagna di non essere più in Francia: