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suo oltre ogni credere. E non mi fa meraviglia, chè anco della vita medesima non avea cura, in maniera che, giovanissimo, allorquando si fu avveduto soprastargli quella malattia lenta che in appresso lo menò a morte, era usato con tranquillità a dire: Io non vivrò più di altri tre anni; nonpertanto il tempo che si prometteva era assai lungo!

In verità era intrepido: sentiva, a mio intendimento, l’amaritudine di morire in età sì fresca; dopo avere studiato in lontana parte, per sì lungo tempo, ed essersi privato di tutte le dolcezze più indesiderabili, poi, appena arrivato dentro la casa tra le braccia dei genitori, passare da queste al sepolcro; nondimeno, vedendo che il manifestare i propri infortuni non torna a giovamento, li dissimulava, conservando una certa serenità in volto, come chi è in una sventura indubitata e conosce che non ostante tutte le querelanze il fato è immutabile. E per tale intrepidezza dell’animo suo, quando alcuno leggermente infermo con soverchia sollecitudine lo domandava della propria salute, maravigliavasi, e massime de’ vecchi; per opposto, dei giovani soleva dire: Hanno diritto alla vita, perchè ancora stanno nelle