Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 57 — |
Camminarono un poco in silenzio, poi Natale dimandò:
«E picchiarci fra noi ragazzi è una brutta cosa?» Bernardo rispose:
«Gioco di mano, gioco di villano, dice il proverbio, ma c’è delle occasioni e della gente che vogliono i pugni anche da chi ha giurato di non darne mai! Un giorno al mercato di Varallo, ho visto un giovinetto forte e robusto avventarsi, non so per che questione, contro suo zio, fratello di suo padre, un uomo già vecchio!... Ah canaglia! vigliacco! l’ho agguantato per il collo, capisci, e l’ho scaraventato sul prato che la sua schiena ne deve aver sentito per un pezzo!» Natale, fermo sul sentiero, ascoltò suo padre con un’attenzione piena di ardore, poi pensò:
«Se Nocente picchia ancora Raffaella, aneli io lo piglio per il collo e lo scaravento sul prato!»
Erano arrivati sulla piazza della fontana dove c era la casa municipale e la scuola. Che formicolio di ragazzi! Era una giornata serena, ma dalle cime già spruzzate dalla prima neve, tirava una brezza che coloriva di pavonazzo le guance dei ragazzi robusti, e sbiancava, accapponando la pelle, quelle dei gracili.
La mattina c’era la scuola per i ragazzi; dopo mezzogiorno quella per le bambine, ma la maestra della scuola femminile, teneva pure la prima classe della maschile. Era una simpatica signorina; in abito d’estate colla testa avviluppata in uno scialletto di lana bianca, ritta sulla porta della scuola con uno scartafaccio in mano, essa accoglieva i ragazzi.
«Avanti, presto: tu chi sei? Marotti? bene, la sezione di qui, a sinistra. Mi raccomando, vero? silenzio lì dentro!»