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dire. Natale non faceva loro più paura, neppure come lupo: egli entrava nell’ovile lentamente, annusando colla bocca spalancata, e Raffaella gli si precipitava sempre contro tutta ridente per essere mangiata per la prima.
Allora il pastore si svegliava, chiamava: aiuto! aiuto! e tutto il paese accorreva. Tutto il paese erano i maschietti, con ramoscelli in mano, i quali rincorrevano il lupo che si lasciava prendere e picchiare, buttato in terra, cogli occhi chiusi, rassegnato al suo destino.
In quei momenti, sul suo faccione c’era come una felicità: infatti egli, pigliandosi i colpi, sentendosi tutti intorno quei bambini, pensava sodisfatto: ecco, non hanno più paura, non hanno più paura.
Altre volte giocavano ai contrabbandieri: i sacchi di roba erano le bambine: Natale, lui solo, era la finanza. Alcuni credevano che anch’essa fosse una bestia e gridavano: «Fa il verso, fa il verso!» I contrabbandieri sbucavano di dietro un mucchio di legna ch’era nel cortile dell’asilo; la finanza, di dietro il noce, gridava: chi va là! e cominciavano le fucilate.
Ma il gioco era pericoloso e la maestra lo proibì, perchè nella foga del combattimento i poveri sacchi venivano buttati in terra e qualche volta calpestati. Anche qui però, Natale, cioè la finanza, aveva la peggio, a gran soddisfazione dei ragazzi che gli volevano male, e con gran dolore delle bambine che non sapevano capire come mai lui così grande e grosso non trionfasse mai.
Egli non aveva picchiato che Nocente, due o tre volte, per fargli smettere qualche cattiveria contro un compagno gobbo o contro le bambine ch’egli sempre