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il ditino e non piange più. La natura ha mandato il suo conforto.

In quel momento, voltandosi, intravvide nel prato vicino il testone biondo di Natale, e Perin si mise ad abbaiare.

Imparata la strada, ogni giorno la piccina arrivava nel prato come una gattina, per di sotto lo stecconato, sprofondandosi tutta nell’erba e rialzandosi dall’altra parte col visetto rosso per lo sforzo fatto e per la gioia di trovarsi in un mondo che le piaceva tanto.

Quando Grazia la vedeva, esclamava con una voce allegra: oh, è qui la stella! — e latte, pan fresco, frutte, quante buone cose l’aspettavano! quanto divertirsi col suo grosso compagno!

Fabbricavano le casette con pietre e assicelle: bisognava vedere che grossi sassi sapeva portare Natale! ella vi portava invece fiori ed erba a manate, per far materassi e guanciali. Progettavano di venir a dormire la notte, senza dir nulla a nessuno; ma quando arrivava la sera non ci pensavano più. Bisognava proprio ricordarsi: quando le mamme fossero uscite di camera, dopo averli messi a letto, essi sarebbero scesi pian pianino nella loro casetta.... E se fosse venuto un orso a mangiarli? Bisognava chiudersi dentro con un cancelletto, e andavano in cerca di pioli e di rami secchi. Ma quando furono ammucchiati pensarono di tenerli per il falò della notte di San Giovanni, e li nascosero in un posto dove nessuno li avrebbe visti. Ma arrivato il giorno di San Giovanni, quando sentirono che i giovani del paese andavano sulle creste del monte ad accendere i falò, essi cercarono il loro mucchietto di rami secchi e non pote-