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lui, seduto sulla riva, era rimasto a curarlo colla pipa in bocca; poi lo aveva riportato su a casa, nella gerla piena di biancheria umida.

Grazia, aiutata da suo marito, ora strizzo di uovo lenzuola, asciugamani e camicie, poi li dissero al sole, mentre il bambino, felice di trovarsi osi libero, correva e saltava nel prato, graffiandosi le cosce grasse contro le erbe un po’ dure.

Bernardo si voltava ogni tanto a guardare quella figurina bianca che ballava sotto il sole, e disse a Grazia: «Meglio così: gli altri non lo vogliono e noi ce lo godiamo di più.» Poi tirò fuori dalla tasca la vestina azzurra e afferrato il suo figliolo, se lo portò in cucina sulla tavola per infilargliela, poi gli diede una fetta di pan nero spalmato con un po’ di burro, ch’era la gran ghiottoneria del piccino. Egli tornò fuori all’aperto, con una guancia tutta rossa e odorante di pipa per i baci che vi aveva stampato il babbo, colle labbra e il mento lucidi di burro. La mamma era rientrata anche lei, e si senti molto sodisfatto di trovarsi solo, padrone del prato. C’era, è vero, Perin, il cagnetto nero, ma se ne stava accovacciato vicino alla biancheria a far la guardia; c’erano le cicale che non cessavano di gridare sui peri, ma forse alle cicale non piace il burro. Era contento che nessuno lo disturbasse nella grave operazione di leccarlo tutto dal pane, quel buon burro fatto dalla mamma.

Si sedette nell’erba. Quando finì di leccar il burro colla lingua e rasparlo via coi dentini, gli venne in mente che sarebbe stato meglio mangiarlo col pane. Che peccato! era troppo tardi: se ci pensava prima.... Sicuro, bisogna pensarci prima. Si rassegnò a man-