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Oh, come ebbe vergogna di sè quando si trovò solo nei campi! — ecco, io che pregavo il Signore di insegnarmi a far il bene: mi lascio tirar fuori dalla strada buona da una cattiveria di quel mostro. Bel compenso che egli mi dà, proprio in questi giorni che mio padre ed io li aiutiamo a portar giù il loro fieno! Chi sa se ha ripetuto quella sciocchezza anche a Raffaella! Ieri era tutta allegra, oggi aveva invece la faccia seria. Sfido io! Nocente gli fa credere quelle stupidaggini.... Ma io non devo badarvi. Ho promesso alla mamma di Dorina di andar a distrarla un poco. — E tornò indietro.

Dorina intanto non guardava più fuori; si era voltata verso la stanza non volendo più vedere Natale che non si ricordava più di lei, e la stanza le pareva buia dopo aver fissato così a lungo la piazza soleggiata. Fu presa allora dal desiderio di scendere nella cucina che guardava verso i prati ed era a quell’ora piena di sole. Chiamò la mamma che passava davanti all’uscio con una montagna di lenzuola sulle braccia ed ella disse: — vengo! — ma invece non tornò. Era affaccendata a preparar le camere dei forestieri che sarebbero arrivati l’indomani e le usci di mente la chiamata della figliola.

Passò la cameriera nuova, ma Dorina non osò chiamarla, perchè le faceva soggezione la sua pettinatura cittadina tutta a riccioletti. Allora chiamò Berta, sua cugina, che sbrigava le facende grosse, ed essa che stava portando su l’acqua nelle camere, posò i secchi sul pianerottolo, tirò il fiato, e rispose: — Che cosa vuoi fare dabbasso? stanno lavando i pavimenti e non sapresti neppure dove collocarti. Abbi pazienza fino all’ora della cena; ti porterò giù io. —