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92 de pictura – libro terzo



53.    Piacemi il pittore sia dotto, in quanto e’ possa, in tutte l’arti liberali; ma in prima desidero sappi geometria. Piacemi la sentenza di Panfilo, antiquo e nobilissimo pittore, dal quale i giovani nobili cominciarono ad imparare dipignere. Stimava niuno pittore potere bene dipignere se non sapea molta geometria. I nostri dirozzamenti, dai quali si esprieme tutta la perfetta, assoluta arte di dipignere, saranno intesi facile dal geometra. Ma chi sia ignorante in geometria, né intenderà quelle né alcuna altra ragione di dipignere. Pertanto affermo sia necessario al pittore imprendere geometria. E farassi per loro dilettarsi de’ poeti e degli oratori. Questi hanno molti ornamenti comuni col pittore; e copiosi di notizia di molte cose, molto gioveranno a bello componere l’istoria, di cui ogni laude consiste in la invenzione, quale suole avere questa forza, quanto vediamo, che sola senza pittura per sé la bella invenzione sta grata. Lodasi leggendo quella discrezione della Calunnia, quale Luciano racconta dipinta da Appelle. Parmi cosa non aliena dal nostro proposito qui narrarla, per ammonire i pittori in che cose circa alla invenzione loro convenga essere vigilanti. Era quella pittura uno uomo con sue orecchie molte grandissime, apresso del quale, una di qua e una di là, stavano due femmine: l’una si chiamava Ignoranza, l’altra si chiamava Sospezione. Più in là veniva la Calunnia. Questa era una femmina a vederla bellissima, ma parea nel viso troppo astuta. Tenea nella sua destra mano una face incesa; con l’altra mano trainava, preso pe’ capelli, uno garzonetto, il quale stendea suo mani alte al cielo. Ed eravi uno uomo palido, brutto, tutto lordo, con aspetto iniquo, quale potresti assimigliare a chi ne’ campi dell’armi con lunga fatica fusse magrito e riarso: costui era guida della Calunnia, e chiamavasi Livore. Ed erano due altre femmine compagne alla Calunnia, quali a lei aconciavano suoi ornamenti e panni: chiamasi l’una Insidie e l’altra Fraude. Drieto a queste era la Penitenza, femmina vestita di veste funerali, quale sé stessa tutta stracciava. Dietro seguiva una fanciulletta vergognosa e pudica, chiamata Verità. Quale istoria se mentre che si recita piace, pensa quanto essa avesse grazia e amenità a vederla dipinta di mano d’Appelle.