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278 istorietta amorosa

diciott’anni che mai madre fu più contenta di suo figliuolo che sono stata io di te, non aspettando già questi impii colpi di fortuna, e assai appagata io mi teneva dell’amore ti portavo, veramente credendo che tu mi avessi in luogo di madre, in amore e in riverenza. Della qual cosa la tua durezza e pertinacia mi fa in tutto certa del contrario, che a me vuogli tenere celato il tuo dolore, acciocché non si possa rimediare al male. Anzi per maggior mia pena vuogli che io ti perda sanza alcuno aiuto, e per maggiore mio dolore non vuogli che io possa piangere la cagione della morte tua». E al figliuolo con molte lagrime e assai teneramente piena di dolore, mostrandogli il petto disse: «Caro figliuolo, risguarda il ventre che nove mesi con tanto affanno ti portò; vedi il petto che con tanto amore del suo latte ti nutricò; vedi le braccia che tanto tempo con dolce e soave peso ti sollevorono. Muovati dunque compassione delle lacrime, pianti, lamenti e sospiri della tua misera madre, e quella pietà che non hai di te, abbi di me, che certo in questa infelice e misera vita senza te delibero non stare. Non volere essere ad un punto cagione insieme della tua e mia di vita perdizione, ma più presto, o dolce e caro figliuolo mio, riserva l’una e l’altra. Piacciati, vita mia, non mi fare più in lacrime consumare. Dimmi adunque, o cara speranza, quale è la cagione di tanta malinconia che ti grava in sì duro male. Se no, qui vedrai alla tua presenza di dolore creparmi il cuore. Dolcissimo figliuolo, poiché non ti curi del morire, almeno la tua dolente madre ti sia raccomandata. Che quest’ultima domanda non mi sia negata. Tempera omai le lacrime della infelice madre, e non mi lasciare sanza contento dell’ultima domanda». E continuamente mescolando con le parole lacrime e sospiri, aspettava che risposta il figliuolo le desse.

Ippolito, benché nel cuore solo avesse la sua amata Leonora, mosso da materna tenerezza, volti li languenti occhi verso l’affannata madre, sanza alcuna lacrima con costante animo disse: «Madre, assai mi stringe e pesa il dolore vostro a pari del mio, ma poiché la crudele fortuna ha disposto nella mia gioventute tormi la vita, vi conforto a pazienza, e priegovi non vogliate in maggiore dolore farmi la morte più dura. Bastimi le pene mie;