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sofrona 269

fusse nulla degno di vituperazione. Tutti volete mostrarvi eloquenti ed eruditi in dir male di noi oziose e illitterate: e poi, per sciocca fanciulletta che sia tutto il dì si fa adorare da questi poeti e oratori grandissimi. E tu, fra loro el primo, so che amasti: ben sentiamo delle trame tue, e bene intendiamo tue egloghe: sì, amasti una trecca tignosa!

Battista. Non a te mai, Sofrona, negarò per ogni altra virtù e per questa in prima voi donne meritate lodo da me, che sapete farvi amare. E se io amai in trecca costumi e modi nobilissimi e degni d’imperio, chi a ragione me ne biasimerà! E se io fui non superbo in degnare una sì vile, chi crederà a chi forse persuadesse me non molto degnare e reverire te e queste altre tutte nobilissime e leggiadrissime? Madonne, Dio proibisca da me tanto infortunio, ch’io poco pregi l’autorità e maestà vostra! Ma forse a questo proposito sarebbe chi rispondesse: se noi amiamo, vostra virtù ci sforza ad amarvi: altri forse direbbe trovarsi mai chi sia savio dalla cintola in giù, né stare altrove el gran sentimento che solo in mezzo ivi del cervello.

Sofrona. E mai! Se voi uomini, quali vi usurpate tante lodi e tanta virtù, tanta costanza, e’ quali, trascorso tutto el mondo, tornate a casa con assai astuzia non meno che con guadagno, pur in questo ancora tanto errate, che miracolo se noi femmine, quali voi dite essere volubile, non viviamo in perpetua sterilità? Ma in noi fiorisce questa prudenza, che sappiamo a ogni nostra volontà ritrarci, e dimenticar l’impresa: voi sempre perseverate miseri.

Battista. Di questa tua sentenza, voglio stimi, sono e io; né mai mi parse cosa non ragionevole se una femmina amasse. In ogni storia mai mi rammenta fatta menzione di femmina quale non, quando che sia, in sé soffrisse incendi amatori. Ma forse questi altri giovani si maravigliano che cagion sia che, seguite da belli, prudenti, modesti, nobili giovani, voi donne più tosto vi diate, quanto e’ dicono, a uno vile, e di loro fiamme nulla vi curate.

Sofrona. Parti! Cosa, sì, bene vogliamo, sia chi goda de’ nostri doni, non della sua vittoria con noi. Voi ne venite pomposi, parvi meritare da tutte essere richiesti; non da noi come dono, ma come devuto aspettate ogni nostra cortesia, e gloriatevi quasi