Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. III, 1973 – BEIC 1724974.djvu/259


de amore 255

bile animo e mente perversa di quella importuna e iniquissima femmina Deifira. Ricordami che leggendo la sua troppa miseria tu per piatà lacrimasti. Saranno adunque i suoi scritti, ivi mali, a te maestri, e aiuto molto a ridurti e fermarti a miglior mente. E se tu ora poco oppresso dal grave imperio del villano e crudele amore, non raro meco ti dolesti, sarà tuo officio provedere non avere più lungi a dolerti sanza fine, ove tu più sia vinto e mal distretto. Né a omo paia sì essere cauto e prudente, che per avere piacere di vedere e ragionarsi con chi si sia nobile e leggiadra donna, non seco tema fingere e simularsi amante, però che così seguendo poco se avvederà della ruina sua, se non quando a lui ella starà sì grave in capo, che molto pesandoli troppo lo premerà e dorragli, onde poi vorrebbe lungi fuggire in qualunque altra secura e onesta solitudine per mai vedere in fronte femmina alcuna.

E che piacere degno d’animo studioso e perito, quale ciascuno dice essere il tuo, mai a te potrà porgere una femmina indotta, quale tutte sono, inetta e da ogni parte sciocca e insulsa. Vedera’la presentarsi a te, se ella meno sarà familiare, leziosa, intera, con la fronte altiera, con la bocca e occhi socchiusi, quale se così ella venisse per mezzo al fummo e fra la polvere, col capo ora su questa ora su quest’altra parte abandonato, quasi come a lei fusse il collo di vischio e i nervi di pasta; né ti guarda se non con lo estremo d’uno occhio, né ti risponde se non prima salutata e apellata tre volte. Pur poi sogghigna, e prima è fatto sera che ella a proposito ti renda uno sì solo o uno no. E pure, se forse vuole non parere in tutto muta, ella prima si fiuta le sommità delle dita e volgeti la guancia, e per vezzi profferisce le parole sibilando e scilinguata, e vuole con suoi gesti impudicissimi, levissimi e inonestissimi, parere un’altra Lucrezia gravissima, santissima e religiosissima. E se forse a te già ella era familiare, eccola venire dondoloni e avventata, con la voce quale chi gridando seguita i levrieri, e ridendo simile a chi dell’orto fughi gli stornelli; salùtati con gli occhi e con la bocca aperta, e vienti persino con le mani e col ceffo in suso el viso, e comincia mille istorie; né sa ristare di biasimarti quella e quell’altra, e mai finisce quella predica sua,