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252 de amore

tuo: ora tendere l’orecchie e gli occhi in qua a questa finestra, in là a quello uscio, su e giù a que’ razzi di que’ lumi. E poi che tu pur bene spesso arai veduto te assai essere stato ad aspettare, e il sonno e stracchezza ti ricacci a casa, tu così bizzarro t’avii sdrucciolando in questa pozza di fango, percuoti in quel sasso. Alla fine pur ti truovi in casa sanza lume, sanza fuoco, molto più tardo che mezza notte. Ciascuno si riposa: tu solo ne vai a letto maladicendo e fabricando vendette, e bene che tu arda di cruccio, non però ivi resti di tremare per freddo, né puoi finire il lungo tuo rammarichio. Così passa intera la notte sanza punto chiudere l’occhio; e se pur lasso in sul dì qualche poco t’addormenti, ancora vegghia il tuo animo molestato e tormentato da quelle commosse furie, e così ti desti sognando cose terribili, e male riposato e con nuova ragione di dolerti, leviti palido, estenuato e debile, torni a circuire il tuo assedio, onde a casa ti riduci tardi e con nuova trama di sospetto; e per questo perdi non poca parte di quanto dovevi prendere cibo e ristoro. Ancora, indi subito dai tuoi quasi fuggi come se avessi in odio la casa tua, e fuori cerchi ogni luogo per trovare e gratificare a chi te in tanta miseria in pruova e volentieri tiene. Non ardisci domandarne per non palesarti, credo come che pur ti vergogni tanto essere a una vile femmina subietto; e giunto ov’ella siede poco stimandoti e meno mostrando averti accetto, misero te, vedi ivi nuove torme di vari teco concorrenti amanti; cresce sospetto di questo, credi di quello altro, parti più essere certo di quello già udisti o teco non poco dubitavi, né puoi non persuadere a te stesso quello guardo e quello riso così con arte e a tempo sia sanza vizio: pàrtiti solo piangendo e te premendo tutto in dolore e acerbissimi lamenti. O maravigliosi piaceri! Quale inimico tanto a te serà in odio, a cui solo così dieci molestissimi dì paresseno a te picciola vendetta? E miseri amanti, chi di voi non soffera tanto e maggiore ancora tormento mesi, mesi e anni? Concederotti sì, ché cognosco la tua modestia, non essere te così punto e concitato da questi venenati stimoli d’amore, tanto che tu in buona parte tua volontà e appetiti amatori non raffreni e con ragione e modo ritenga. Quale cosa se così fusse in te, molto mi piacerebbe, ché sarebbe a me certo segno ancora in