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deifira 239

tuna tua qui t’ha condutto, misero Pallimacro, resta, quando che sia, essere a te stessi inimico, e giudica perduto quello che sia perduto. Assai vedesti più e più giorni nel tuo amore lieti e felici. Tu allora andavi e stavi dove Deifira voleva; ivi si faceva e diceva cose giocose e liete, quanto a lei piacea, e a te non dispiacea. E così certo furono que’ dì pure chiari e sereni. Ora ella turbata ti fastidia, sanza ragione e cagione alcuna ti sdegna. Adunque tu, Pallimacro mio, con molta ragione non seguire avendo tanto in odio la tua libertà, che tu pur doni te stessi a chi ti sdegna. Se a lei non duole perdere uno fedele amante, nè a te pari dolga uscire di tanta servitù. Parmi ingiuria pur servire a chi non voglia essere servito. Non può se non dolerti una e un’altra volta così lasciare quello che a te solea essere grato e caro. Ma vinci te stesso, e vincerai amore. Non curare vedere chi te mira con dispetto. Non salutare chi drento a sè ti bestemmia. Non essere servo a chi non ti sa essere umano signore. Resta omai essere giuoco a chi gode d’ogni tuo dolore e miseria.

Pallimacro. Che vuoi tu ch’io faccia, Filarco? Io mai potrei indurmi nell’animo fare o dire cosa che a costei dispiacessi: ed èmmi tormento vederla se non lieta e contenta. S’ell’è ingiusta verso di me, quando che sia, se ne pentirà e doleralli. Intanto io fra me mai abbandonerò d’amarla, e in qualunque modo molto servarli onore.

Filarco. Lodoti Pallimacro, e certo in questo mostri quanto in te sia gentilezza e costume. E troppo ti biasimerei, se tu, come questi altri villani e dispettosi amanti, non secondandoli tutte le cose quanto bestiali troppo chiedono, subito con sdegno e minacci vendicandosi, non si vergognano rendere misere e afflitte le infelici amate, quali pure testè loro tanto erano care; nè li pare peccato adoperare ad ingiuria quello che gli sia stato donato per amore e cortesia. Troppo certo sarà contrario a ogni nobile e buona natura, se dello amore nasce inimistà. Lascino e’ gentili amanti usare dispetti e sdegni a’ puri villani, poichè gentilezza sempre fu piena d’umanità e facilità. Gentilezza non serba sdegno, e ogni sdegno verso chi te ami sente d’ingiuria. Ma bene ti conforto, oh Pallimacro mio: quello che tu vedi esserti dalla iniqua fortuna