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68 theogenius

sublato l’incendio amatorio, sedate le face dell’ambizione, acquietato mille sollicitudini e cure cocentissime quale sono domestiche e assidue alla inesperta gioventù, truovomi ancora per la età reverito, pregiato, reputato; consigliansi meco, odonmi come padre, ricordanmi in suoi ragionamenti, aprovano, seguono i miei ammonimenti; e se cosa vi manca, vedome presso al porto ove io riposi ogni stracchezza della vita, se ella forse a me fusse, qual certo ella non è, grave. Nulla truovo per ancora in vita che mi dispiaccia, e in questo mi conosco oggi dì più felice che mai, poiché in cosa niuna a me stesso dispiacio: qual cosa giovane non m’interveniva. Accusava, incolpava, castigava miei errori, mia tardità, mie’ precipitosi consigli, mie immoderate voluntà, miei studi lievi, mia incostanza. Ora di me stesso contento a me stesso gratifico; quale una faccenda tanto mi diletta quanto, per essere a me più grato e accetto, di dì in dì mi rendo migliore e di dottrina più esculto e di virtù più ornato. E sono le mie quale io vecchio testé prendo voluttà maggiori e dolci molto più che quelle quali io presi giovane, però ch’io sono senza sollicitudine libero d’ogni premolestia, ove quelle da giovane tanto erano dolze e grate quanto erano da me state desiderate ed espettate. Quanto fu prima la molestia desiderando cose amatorie, tanto fu poi dolze la voluttà; quanto la sete, la fame, tanto el saziarmi. Fu adunque la premolestia agiunta e quasi madre della voluttà in le cose quale a me giovane dilettorono; quale premolestia non ora in mie voluttà interviene. Godo testé qui ragionando con voi, godo solo leggendo in questi libri, godo pensando e commentando queste e simili cose de’ quali io vi ragiono, e ricordandomi la mia ben transcorsa vita, e investigando fra me cose sottili e rare sono felice, e parmi abitare fra li dii quando io investigo e ritruovo el sito e forze in noi de’ cieli e suoi pianeti. Somma certo felicità viversi sanza cura alcuna di queste cose caduche e fragili della fortuna coll’animo libero da tanta contagione del corpo, e fuggito lo strepito e fastidio della plebe in solitudine parlarsi colla natura, maestra di tante maraviglie, seco disputando della cagione, ragione, modo e ordine di sue perfettissime e ottime opere, riconoscendo e lodando el padre e procreatore di tanti beni. E affirmoti ancora (disse Ge-