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212 de iciarchia

vederete, non possiamo assequire quanto desideriamo. Acconsentimmo noi nel discurso fatto di sopra, che il vero principato stava in essere per virtù e buoni costumi e cognizione di cose degne, superiore al numero degli altri?

Niccolò. Sì.

Battista. Qual di queste sia più facile ad asseguirla, più utile a colui in chi ella sia, più accommodata alla nostra investigazione, sarebbe lungo qui a me e non pronto el diffinirlo. Pur noi vediamo rari omini periti e dotti, quali non siano a’ primi luoghi con dignità richiesti e preposti agli altri; e per questo forse molti iudicherebbono ch’el primo nostro officio sia dedicarci agli studi e cognizione delle dottrine, a quale opera iudicano e’ savi che l’omo sia atto, nato, e da natura pronto, e dicono quello che non possono negare ancora que’ che sono meno intelligenti: l’uomo nacque non per essere simile a una bestia, ma in prima per adoperarsi in quelle cose quale sono proprie all’omo. Comune a tutti gli animali e insieme all’omo sta el vivere, el moversi e sentire e appetere le cose buone e accomodate alla conservazione della spezie sua, e fuggire le contrarie. All’omo resta proprio suo fra’ mortali lo investigar le cagioni delle cose, ed essaminare quanto sia questo che ora li occorre simile al vero, e cognoscere quanto e’ movimenti suoi siano da reputarli boni. Questo non è altro che solo adoperarsi in quelle facultà onde s’acquisti dottrina. Ma di questo ne lascerò il giudizio a voi.

Paulo. E’ litterati, vero, certo sono molto stimati quando e’ sono eccellenti, ma questo grado non l’acquista sempre ciascuno sanza molta fatica e difficultà ben grande. Non siamo per ingegno tutti atti alla dottrina, e senza la buona disposizione del corpo e senza le suvvenzioni della fortuna mal si può dare opera quanta si richiede a simili studi.

Battista. Concedere’ti in parte che le fortune siano commode agli studi quanto tu stimi, s’io non vedessi fra gli studiosi acquistar dottrina men numero di que’ che sono più ricchi che di que’ che sono men fortunati. E simile assenterei che la imbecillità del corpo disturba questa opera, s’io non vedessi che tutte l’altre cose per età mancano all’omo: solo le forze dello intelletto