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a’ tempi, alle condizioni del vivere e della fortuna nostra, ma converracci dire quel che stimeremo grato a chi ne richiese? Natura degli uomini prepostera e in molti modi da biasimarla. Noi vediamo le fiere nate a essere impetuose, rapaci e al tutto indomite, che mai s’ametteranno ad iniuriarsi insieme se qualche furore non le eccita e concita. Noi vero uomini, nati per essere modesti, mansueti e trattevoli, par che sempre cerchiamo d’essere contumaci, molesti, infesti agli altri uomini. E questo se egli è furore, chiunque volesse aggiungervi consiglio, costui quasi vorrebbe, come dicea quel poeta, impazzar con qualche ragione. Iersera mi tenneno sino a molta notte, e ora mi rivogliono; né fie tempo d’essere al bisogno di qui a più ore. E s’io vi giovassi, non aspetterei esservi richiesto. Adunque adopereremo questo tempo in altro, e forse a chi che sia gioveremo; dove dicendo lassù quel ch’io sento, non gioverei a me, e dicendo quel ch’io non sento, non piacerei ad altri.

Così disse Agnolo a noi; e poi si volse a que’ due publici e mandònnegli a’ superiori magistrati con buona scusa. E voltossi a Niccola, e sorrise e disse: — Dove eravate voi addritti? Forse ad essercizio, che? Ben fate. L’essercizio e la sobrietà, due cose ottime, conservano la sanità, mantengono la gioventù, producono la vita. E questi be’ soli c’invitano a godere questa amenità di questi nostri prospetti lietissimi. Vorrebbesi testé, Battista, esser laggiù a quel nostro Gangalandi co’ cani, o alle colline o a’ piani, ed essercitarsi qualche ora, e poi ridursi agli studi delle lettere e a filosofia come è tua usanza, Battista. Ma se vi pare, Niccola, e se voi siete oziosi, passeggiamo per insino a’ Servi. Gireremo da S. Marco, e restituiremoci qui. Piacevi? — Questo disse Agnolo.

Risposegli Niccola: — Nulla suol pari dilettar qui Battista quanto l’essercizio; e vidilo io non raro lo ’nverno, perché fuori piovea, uscire da’ libri ed essercitarsi colla palla in ogni moto e flessione e agilità. Gli altri dì asciutti raro fu che non salisse su erto a salutare el tempio di S. Miniato. E in villa quali siano e’ suoi essercizi, ve gli vedete voi, Agnolo, che gli sete vicino. E certo s’io avessi edificio sì atto e sì magnifico in luogo sì grato