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92 i libri della famiglia

Laide avea gli altri amanti. Stimo voleva persuadere solo sé essere amando libero, ove tutti gli altri fossero servi. Metrodoro, quell’altro filosafo....., senza onestare l’amore suo con iscusa alcuna, apertamente amava Leonzia meretrice, alla quale ancora quello Epicureo notissimo filosofo soleva scrivere sue lettere amatorie. Non adunque ammirabile suo possanza qui monstrava l’amore? Se questi animi superbi e duri, e’ quali non delle cose a tutti gli altri mortali acerbe e quasi non comportabili alcuna, non povertà, non paura, non dolore poteva abattere, ché gli veggiamo con quanta baldanza quella sola generazione d’uomini, chiamandosi amatori della virtù, facevano professione di spregiare le ricchezze, concertavano contro al dolore; nulla, né ira di nimici, né ingiuria, né morte temevano, e degl’iddii poco alcuni di loro curavano, e copiosi scrissono biasimando ogni timore di cosa umana e divina, tutti detraendo alla forza di quella qual noi conosciamo e proviamo potentissima fortuna, sempre vituperando qualunque dilicatezza del vivere; pur questi così austeri e armati di tanta ragione e sapienza cadeano e giaceano vili e convinti d’amore. Molle e lascivo amore, che rompi e attriti ogni superbia e alterezza d’animo umano! Errore, fallace cupidità, brutto amore, poiché se’ ubidito dagli animi ricchi d’ogni ragione, forti d’ogni constanza, bellissimi e nobilissimi d’ogni civiltà e costume!

Quanto, Lionardo, quando io penso alla maestà e nome di questi famosissimi filosafi e degli altri assai, quali per brevità lascio adrieto, e quando mi pongo innanzi la integrità e religione loro, e poi gli veggo soggiogati e in sì brutti luoghi posti dall’amore, stima, Lionardo, sarebbe non difficile persuadermi non solo quella sentenza qual solevan i medesimi filosafi dire esser verissima, che l’amore era ministro degli iddii dato a cura e salute della gioventù, ma molto ancor più mi può parere cosa divina; né veggo l’amicizia in sé conservi forze quanto l’amore ringiovinire negli annosi petti giovenili e amorose fiamme, e nella superbia degli imperii tenere sì basse le volontà e apetiti reali,