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54 i libri della famiglia

cose le quali moderate giovano, allora nuocere quando sian immoderate? Sono l’arme quanto basta utilissime a difendere la salute propria e a offendere el nimico. Le troppe armi certo ti convien o gittarle per vincere, o perdere per serbarle. Adunque era meglio venire a vincere sanza quello pericoloso incarco, che dubitando perdere convenirtene iscaricare. Né mai nave alcuna stimo io si potrà riputare sicura, quando di cose benché al sicuro navigar utilissime, remi, sartie, e vele, sia superchio carica. Suol in ogni cosa non meno essere dannoso quel che v’è troppo, che utile quel che basta.

Né sarà poca ricchezza a’ figliuoli nostri lasciarli che da parte niuna cosa necessaria alcuna loro manchi. E sarà di certo ricchezza lasciare a’ figliuoli tanto de’ beni della fortuna, che non sia forza loro dire quella acerbissima e agli ingegni liberali odiosissima parola, cioè: «io ti prego». Ma certo sarà maggiore eredità lasciare a’ figliuoli tale instituzion d’animo che sappino più tosto sofferire la povertà, che indurse a pregare o servire per ottenere ricchezze. Assai ti sarà grande eredità quella la qual satisfarà, non tanto a tutte le tue necessitati, ma e alle voglie. Chiamo qui io voglia sol quella che sia onesta. Le voglie inoneste a me sempre parsero più tosto furore di mente e vizio d’animo corrotto che vera volontà. Cioè che tu lasci troppo a’ figliuoli rimane loro incarco. Non è amore paterno caricare i suoi di fatica, ma alleggerirli. Ogni superchio carco sta difficile a reggere. Quello el quale non si può reggere, facile cade, né cosa alcuna più si pruova fragile quanto la ricchezza. Né chiamerò dono degno dal padre verso el figliuolo quello dono el quale porti seco molestia e servitù a servarlo. Daremo le cose moleste e gravi a’ nostri inimici. Agli amici daremo letizia e libertà. Né confesserò sia ricchezza quella la qual abbia in sé servitù e maninconie, come per certo hanno le superchie ricchezze. Manco nuocerà a’ figliuoli procacciarsi al bisogno, che insieme col superfluo e isconcio incarco perdere quella parte la qual era utile e commoda, come sanza dubbio aviene a chi non sa