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libro quarto 299

curatori con nostra opera, consiglio e suffragio utili, e in aiuto a conservarli e accrescerli utilità e pregio; quando sovvenimmo alle loro espettazioni e desiderii. E seguirò io pur qui teco essere inetto, Lionardo, quasi come instituendo te in amicizia, omo quale più che altro alcuno sempre conobbi da tutti molto amato. Né so come entrai, e forse temerario seguitai questi ragionamenti, degni, quanto ora m’aveggio, di più premeditata e più erudita ragione di dire, che confesso non è in me. E che dirai, Lionardo? che siano ampli questi luoghi, e dove per adempier a ciascuno, bisogni copia di precetti maggiore assai, che tu non dicevi bastare a tutta la materia? Tu solo affermavi, quel che né io nego, l’utile, la onestà, la voluttà dare principio ed essordio alle amicizie; e chi fusse artefice buono di creare nuove a sé benivolenze, costui assai era dotto a innovarle e raccenderle già spente, e farle maggiori.

Lionardo. Non te con questi sotterfugii, Adovardo, sottrarrai, che tu oggi non dia questa intera e ottima opera qui a Battista e Carlo, quali desiderano molto essere a te simili bene amati, el quale in questo tuo ragionare fusti nonché non inetto, ma in prima non poco facundo e copioso; e adducestimi in questa sentenza, che io affermo così trovarsi artificio ad amicizia in mezzo l’uso e conversazione degli uomini più molto, che ne’ nostri, quali io troppo approvava, libri e discipline scolastiche. Onde tu, el quale sempre studiasti in acquistarti grazia e benivolenza, se contro a’ tuoi precetti forse, qual non credo, vorrai darti a noi difficile e duro a satisfare a’ desideri, alle petizioni, alla utilità nostra, sia certo nulla ti crederemo sia quanto recitasti. Se già non giudicassi forse, o poco essere a noi grati e utili e’ tuoi ricordi in questa materia, o forse più cureresti altrove essere dagli strani per tuo beneficio che da’ tuoi amato, dorremoci se verso di noi, qual usasti verso di tutti gli altri, non userai la tua natura e costumi facili, umani e liberalissimi.

Adovardo. E appresso degli altri m’è grato locarmi con benivolenza, e sempre mi fu a cuore quello che mi sarebbe vituperio se appresso de’ miei ricusassi ogni dì più essere