Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/273


libro quarto 267

per congregare pecunia; ché dove questi poi erano come la spongia bene inzuppata e pregna, ben gravi di rapina, lui eccitatoli contra, e uditone più e più accuse e doglienze delli offesi, gli premea, e rendeali arridi e poveri con tôrli e’ beni loro paterni e questi così sopra accumulati. E solea per questo adunque Vespasiano chiamarli sue per spungie. Così ultimo sentiano sé essere non amici, dove rimanevano vacui e arridi d’ogni copia e sugo di sue fortune, pieni d’odio e malivolenza. E stimo Piero così trovò in uso più esserli assai la virtù stata in aiuto, che cosa qual altra potesse la fortuna averli donato e agiunto. E questa fie sua, credo, sentenza: cosa niuna trovarsi a farsi amare quanto la virtù commoda e utilissima.


Piero. Non sapre’ io qui certo averarvi qual più sia, o la virtù, o pure le ricchezze, utile a farsi amare. Voi litterati fra voi meglio el discernerete, che solete d’ogni difficile e oscurissima cosa con vostre suttilissime disputazioni trovare ed esporne el certo. Ma in me el non essere più che allora mi fussi abiente e fortunato a potere suplire alle molte che forse bisognavano spese e liberalità, certo m’era pure incommodo: e non vi nego però che la industria e diligenza mia a me giovò non poco ad acquistarmi la grazia e benivolenza, quale io desiderava, di que’ principi, ché credo, se la fortuna mia fusse stata più copiosa e abundante, a me gran parte bisognava meno usare quanta usai arte e sollecitudine.

RICCIARDO
Chi credesse potere arrivare e giugnere a buona grazia e nome sanza splendore di qualche virtù e via di simplice gentilezza e interi costumi, o credessi ch’e’ doni della fortuna soli assai per sé valessero a farsi amare, stimo io costui certo errarebbe. Raro ch’e’ viziosi siano se non odiati. E a chi la fortuna poco seconda, non a costui sarà facile acquistar buon nome e fama di sue virtù. La povertà, quanto chi che sia pruova, non affermo io al tutto impedisca, ma ottenebra e sottotiene in miseria ascosa e sconosciuta spesso la virtù; come pure veggiamo in panni, quanto dicono, sordidi e abietti, qualch’ora latitare la virtù. Conviensi adunque