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proemio del libro terzo 155

che degli uomini, come dalla conversazione dell’altre genti meno contaminata! E quanti furono oratori in ogni erudizione imperiti al tutto e sanza niuna lettera! E con che ragione arebbono gli antichi scrittori cerco con sì lunga fatica essere utili a tutti e’ suoi cittadini scrivendo in lingua da pochi conosciuta? Ma non par luogo qui stenderci in questa materia; forse altrove più a pieno di questo disputaréno. Benché stimo niuno dotto negarà quanto a me pare qui da credere, che tutti gli antichi scrittori scrivessero in modo che da tutti e’ suoi molto voleano essere intesi.

Se adunque così era, e tu, Francesco, uomo eruditissimo, così reputi, qual giudicio di chi si sia ignorante sarà apresso di noi da temere? E chi sarà quel temerario che pur mi perseguiti biasimando s’io non scrivo in modo che lui non m’intenda? Più tosto forse e’ prudenti mi loderanno s’io, scrivendo in modo che ciascuno m’intenda, prima cerco giovare a molti che piacere a pochi, ché sai quanto siano pochissimi a questi dì e’ litterati. E molto qui a me piacerebbe se chi sa biasimare, ancora altanto sapesse dicendo farsi lodare. Ben confesso quella antiqua latina lingua essere copiosa molto e ornatissima, ma non però veggo in che sia la nostra oggi toscana tanto d’averla in odio, che in essa qualunque benché ottima cosa scritta ci dispiaccia. A me par assai di presso dire quel ch’io voglio, e in modo ch’io sono pur inteso, ove questi biasimatori in quella antica sanno se non tacere, e in questa moderna sanno se non vituperare chi non tace. E sento io questo: chi fusse più di me dotto, o tale quale molti vogliono essere riputati, costui in questa oggi commune troverrebbe non meno ornamenti che in quella, quale essi tanto prepongono e tanto in altri desiderano. Né posso io patire che a molti dispiaccia quello che pur usano, e pur lodino quello che né intendono, né in sé curano d’intendere. Troppo biasimo chi richiede in altri quello che in sé stessi recusa. E sia quanto dicono quella antica apresso di tutte le genti piena d’autorità, solo perché in essa molti dotti scrissero, simile certo sarà la nostra s’e’ dotti la vorranno