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Il nido 77


— Che impressione strana! — mormorò intanto che la barca ritornava all’aperto.

— Tu vedessi i piccini gettarsi nell’acqua appena nati! — diceva- l’amante.

E raccontava della caccia feroce che danno alle piccole folaghe i falchi di palude. Ma la sua voce non aveva pietà.

L’amata non gli badava. In lei a poco a poco l’impressione ricevuta diveniva sentimento, diveniva avversione sommossa dal fondo dell’anima, diveniva pensiero.

Teneva lo sguardo fiso nell’amante, che non dubitava, chiedendosi: “Perchè mi ama? perchè l’amo?„ Leggeva la risposta in quegli occhi. Il loro amore aveva per fine sè stesso: null’altro. S’attendevano l’ebbrezza dei sensi in cui soffocare l’anima..., e non più. Questa, questa era la colpa: che il loro desiderio non oltrepassasse il loro piacere. Null’altro! E non dalla coscienza le insorgeva il rimprovero o l’ammonimento, ma le veniva da mille voci di vita feconda e di vita novella che nel fervido giorno la terra generatrice elevava e spandeva in un incognito indistinto inno di amore.

Alla voluttà che anche lei si era promessa mancava il sublime intendimento d’una gioia divina: questa la colpa! Da un umile nido essa aveva appreso perchè si ama.