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8. Il Guerrilla Open Access Manifesto     95

Proprio l’altro giorno la mia insegnante di matematica ha detto di aver “piratato” dal libro di testo alcuni degli esempi che stava scrivendo alla lavagna.

Le grandi società, nell’interpretazione di Aaron, sono accecate di rabbia per questa situazione, e il quadro normativo nel quale operano è pensato proprio per creare un sistema simile. La politica, allo stesso tempo, risponde alle richieste delle grandi società con riforme legislative, che stabiliscono in maniera sempre più rigida chi ha il potere esclusivo di decidere chi può fare copie o meno.

Non c’è però giustizia – continua, accorato, Aaron – nel seguire le indicazioni di leggi percepite da tanti utenti come ingiuste: è il momento, quindi, di uscire dalla clandestinità, di venire in superficie e, in accordo con la grande tradizione statunitense della disobbedienza civile, di dichiarare la ferma opposizione a un furto in corso, da parte di privati, dell’intera cultura pubblica.

La parte finale del manifesto è quella che istiga, per così dire, all’azione: dobbiamo prendere l’informazione, scrive Aaron, ovunque essa sia conservata e custodita, dobbiamo fare le nostre copie e dobbiamo condividerla con il mondo intero. Dobbiamo, poi, prendere tutto il materiale che non è coperto da copyright e aggiungerlo a questo grande archivio globale di conoscenza, dobbiamo recuperare i database mantenuti segreti e caricarli sul web, dobbiamo scaricare tutti gli articoli delle riviste scientifiche e immetterli nei sistemi di file sharing.

«Dobbiamo combattere per Guerrilla Open Access» – conclude – «E saremo in tanti, in tutto il mondo, e non solo manderemo un messaggio forte in opposizione alla privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo una cosa del passato. Ti vuoi unire a noi?»

Questo documento, pur nella sua semplicità – e, in alcuni passaggi, ingenuità – è certamente il più noto scritto di Aaron Swartz.

Ha avuto una larghissima diffusione, è stato tradotto in numerose lingue ed è stato apprezzato anche al di fuori della stretta cerchia degli attivisti digitali.

Uno dei grandi meriti è stato quello di continuare ad alimentare il dibattito sull’open access, mettendo al centro non solo le questioni normative e politiche, ma, anche, le biblioteche e le grandi banche dati, soprattutto delle grandi università di élite.

Aaron intravedeva molto chiaro il problema che le biblioteche che lui amava tanto frequentare, attraverso i contratti di licenza e gli accordi con quella che lui chiamava “l’industria dei contenuti scientifici”, fossero le clienti più importanti degli editori di questi costosi database e che, se avessero accettato acriticamente termini e condizioni proposti dalle aziende, sarebbero state in qualche modo responsabili dell’aumento di diffusione di questi paywall.

L’urgenza che Aaron manifesta, richiamando le teorie dell’open access, è quella di cercare di cambiare questo modello basato su paywall.

Perché non lottiamo, si domanda, per modificare legalmente i contratti di ricerca? Perché non combattiamo per rinegoziare con gli editori, per ottenere