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6. Non più (solo) un programmatore     81


Infine, sin da bambino, si era appassionato di piattaforme di crowdsourcing, ossia dell’uso di Internet per distribuire, tra più individui, la risoluzione di problemi e l’acquisizione di risorse (anche economiche).

Internet, in quegli anni, poteva finalmente aiutare gli individui, e le singole associazioni e iniziative da loro organizzate, nel mobilitare una comunità globale e nel creare opportunità di collaborazione tra gruppi di persone (altrimenti) non collegate.

Di lì in avanti, Aaron iniziò a lavorare per creare strumenti digitali che consentissero di aumentare la capacità di connettere una vasta comunità di persone e di globalizzare gli obiettivi di una campagna, sempre tramite la più ampia condivisione possibile di informazioni.

La sfida più interessante era il rapporto tra mondo online e mondo ‘fisico’, tra proteste generate nelle stanze di casa, sulle poltrone e sui divani, e i tradizionali movimenti di piazza: occorreva trasformare tutto questo lavoro online affinché potesse dare supporto concreto a un’azione sul campo. Tante erano le critiche, infatti, che si stavano diffondendo, in base alle quali simili azioni sarebbero destinate a rimanere nel mondo digitale e non avrebbero avuto un impatto concreto sulla società.

In più, le piattaforme per i cambiamenti sociali avrebbero dato voce a chiunque, e anche questo era un vecchio pallino di Aaron, che già lo aveva messo in evidenza nei suoi progetti da teenager.

Chiunque avrà accesso alla rete potrà parlare, potrà far valere le proprie ragioni, potrà domandare un cambiamento e, finalmente, avrà un vettore eccezionale per veicolare il proprio messaggio. Potrà condividere la sua storia o un problema personale, cercare donazioni per risolverlo al meglio e fare pressione politica chiedendo al governo centrale, o locale, di agire e di intervenire.

Questa idea di “ascoltare tutte le voci” anche quelle che vengono bloccate dai media tradizionali, era perfettamente in linea con la sua idea di “leggere tutti i libri”.

Internet consentiva alle voci, che erano in qualche modo condizionate dal potere dei media e dalla società in generale, e che non riuscivano a farsi sentire, di parlare. In questo modo, si aggiustava un altro errore del sistema.

Il mondo dell’attivismo era, però, molto complesso, e spesso non facile da sostenere, sia psicologicamente, sia finanziariamente.

Non sempre le iniziative andavano bene; non sempre i progetti avevano un esito positivo, o trovavano sufficienti finanziatori o, ancora, raggiungevano l’obiettivo.

Al contempo, Aaron apriva continue finestre: non rimaneva mai su un progetto per più di qualche mese, e aveva un modo di lavorare che, sovente, irritava i direttori dei progetti o, peggio, gli eventuali finanziatori.

Ciò non toglie che, quando iniziò la sua “seconda vita” da attivista a tempo pieno, dopo i primi vent’anni, molti dei progetti che portò avanti si rivelarono di grandissimo interesse e, ancora oggi, sono rimasti dei punti di riferimento della società tecnologica moderna.