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76      Aggiustare il mondo


Tanti aspetti di quell’ambiente digitale che si stava sviluppando a un ritmo incredibile non gli piacevano. Iniziò a domandarsi, di conseguenza, quale dovesse essere il suo (nuovo) ruolo in quel mondo in cambiamento. E come dovesse, a questo punto, mutare anche la sua pelle.

Il 27 maggio 2006 decise di esporre tutti i suoi dubbi – e questo suo momento di profonda crisi – per iscritto.

Ne uscì un flusso di pensieri, a volte disordinato e infarcito di citazioni ma molto utile per comprendere il momento di disagio che stava attraversando.

Aaron intitolò questo post liberatorio “L’apologia del non-programmatore”: in numerose righe celebrò il suo cambiamento e, in pratica, annunciò al mondo il suo passaggio da programmatore informatico – ritenuto ormai da tutti, in tutto il mondo, un professionista di grande talento – a vero e proprio attivista politico.

C’era un punto, nello specifico, che lo stava lentamente lacerando giorno dopo giorno.

«Quali sono le cose che riesco a fare meglio nella mia vita?» – iniziò a domandarsi – «Soprattutto, quali sono le cose che realmente vorrei fare in futuro? In quali aspetti è possibile individuare il mio talento più genuino, e quali sacrifici dovrò fare, di qui in avanti, per coltivarlo al meglio?»

Domande importanti, certo, che dovevano necessariamente partire dall’analisi del passato e da una sorta di autovalutazione delle sue capacità di programmatore.

Aaron era riconosciuto da tutti come un eccellente programmatore. Anche questo aspetto lapalissiano, però, viene da lui messo in discussione, forse con una dose eccessiva di autocritica: scrive, infatti, di sentirsi ormai un po’ arrugginito e di aver trascurato troppo l’arte della programmazione negli ultimi anni.

La prima domanda che il giovane si pone, di conseguenza, è se debba coltivare, e utilizzare, il suo talento nel campo del coding, al fine di trascorrere tutta la sua vita con l’obiettivo di essere un programmatore sempre più bravo (anzi: il più bravo di tutti, come esigeva il suo tipico approccio), o se debba cambiare completamente strada.

La verità è che, compiuti i vent’anni, si è reso conto che una simile prospettiva non lo attira più. Anzi, lo intimorisce.

Questo amore ormai annacquato nei confronti della programmazione e del codice informatico lo disorienta: per un lungo periodo della sua vita, sin da bambino, il lavorare con il codice, e il programmare, erano stati per lui elementi essenziali. Avevano caratterizzato le sue giornate, e scandito le ore, da quando aveva tre anni.

Avverte, però, forte la sensazione di essersi ormai allontanato da quel mondo e di trovarsi di fronte a un dilemma importante da sciogliere: cosa fare, nell’immediato futuro, che gli possa dare soddisfazione? In quali direzioni investire le sue competenze e il suo talento?