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38      Aggiustare il mondo

contribuire concretamente a scrivere parti di quel codice che sarebbe stato la base del web.

Come avrebbe potuto scrivere la storia insieme a Tim-Berners Lee e al suo gruppo di lavoro, se si fosse scoperta questa cosa?

In realtà, la rete gli consentì di collaborare per mesi senza che nessuno gli domandasse, mai, informazioni circa la sua età.

Nelle discussioni online era iper-produttivo di commenti sempre sensati, e le sue osservazioni tecniche erano puntuali.

Un anno dopo, a 14 anni, Aaron si era perfettamente integrato nel gruppo del consorzio e si occupava, con Berners-Lee, dello sviluppo del cosiddetto “web semantico”.

Il giovane si era realmente appassionato – ed era prevedibile – a questa idea estremamente ambiziosa, e rivoluzionaria, che Berners-Lee e il consorzio stavano portando avanti: volevano trasformare tutte le informazioni del mondo in un formato che fosse leggibile dalle macchine grazie al codice informatico.

Tutta la conoscenza umana stava per diventare codice. E Aaron non vedeva l’ora che capitasse, e stava finalmente lavorando concretamente per questo.


Danny O’Brien, un giornalista e attivista tecnologico inglese, venne a sapere, quasi per caso, che un quattordicenne stava aiutando il grande scienziato, e il suo gruppo, a creare una nuova infrastruttura per la conoscenza.

Si trattava, ovviamente, di una notizia importantissima, e di lì a breve il giornalista pubblicò un articolo dal suggestivo titolo “A teenager in a million”. L’articolo si focalizzò proprio sull’età incredibilmente giovane di Aaron e sulle sue caratteristiche, così diverse da quelle dei ragazzi della sua età. Dagli altri “milioni di adolescenti”, appunto.

Eppure – confessò pubblicamente, tanti anni dopo, l’autore dell’articolo – la redazione aveva completamente sbagliato quel titolo.

La cosa eccezionale, notò O’Brien, non era la sua età, e il fatto che un ragazzino così fosse un’eccezione tra i suoi coetanei dell’epoca. Eccezionale era, al contrario, il fatto che tutti gli studiosi del consorzio – anche i programmatori più anziani – avessero ben compreso come la componente più importante di questa partecipazione di Aaron alla costruzione del mondo del futuro non fosse il fatto che ci fosse un tredicenne tra loro, ma che un’istituzione scientifica e “formale” come il consorzio si fosse aperta a lui.

Lo avevano lasciato entrare dalla porta principale. Senza domandare chi fosse, che età avesse, da dove provenisse, se avesse studiato o meno. Semplicemente, lo avevano accolto per farlo lavorare – dato che lavorava bene – e perché, così, l’umanità avrebbe potuto fruire del suo lavoro. E apprezzarlo.

Dal canto suo, il ragazzo si era improvvisamente ritrovato nel suo ambiente preferito, nel suo elemento naturale.´