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1. Un bambino e un computer     231


Trip Story”) dove si racconta, proprio, di una sua peregrinazione” attraverso i bellissimi edifici del MIT.

Presi un taxi e andai al “77 Massachusetts Avenue”. «MIT», dissi al tassista, come se avessi un breve ripensamento. Pagai, e iniziai a camminare in maniera spedita. Controllando l’orologio, notai che ero in anticipo di mezz’ora. Cercai di collegarmi a Internet, ma il MIT mi aveva bloccato l’accesso. Cercai un terminale aperto, ma tutti richiedevano una password. Decisi di aspettare. Prima si presentò Robert Mello e, presto, cominciarono ad arrivare altre persone. Purtroppo la stanza era chiusa a chiave, quindi non potevo accedere a Internet. Scherzai sul fatto che sarei potuto entrare nella stanza attraverso i condotti dell’aria e “liberare” i terminali, come ai tempi degli hacker del MIT. Un professore di fisica che mi ascoltò, disse: «Hacker? Non ne abbiamo al MIT!». Alla fine, Andrew Grumet arrivò, e ci fece entrare. C’era un bel gruppo di studenti, con un tavolo pieno di persone di OpenACS. Si trattava di un’aula elegante con molta luce, lavagne, proiettori e attrezzature informatiche. Tutti erano molto cordiali. Mi sono scusato per andare alla riunione del W3C SWAD, e ho camminato per qualche isolato fino a Tech Square. Ho trovato il piano del W3C, ma non ho visto nessuno che riconoscessi. Ho controllato la mia posta elettronica utilizzando la rete wireless disponibile (che, a differenza del resto delle reti del MIT, era aperta), e ho scoperto che quel giorno non c’era nessuno. Una persona era rimasta a casa, un’altra era malata, una terza era stata chiamata da un’altra parte per fare qualcos’altro, e Tim Berners-Lee era in Giappone. Dopo aver scattato qualche foto, me ne sono andato. Scoraggiato, e alla ricerca di qualcosa da fare, sono salito su un taxi per raggiungere gli uffici della Free Software Foundation. Come ogni programmatore di software libero sa, la Free Software Foundation si trova alla Suite 330, 59 Temple Place, Boston, MA, e bisogna scriverle per ottenere una copia della licenza GPL, nel caso non sia stata inclusa nel software. A causa della strana numerazione degli uffici, stavo per non individuare la suite 330 ma, alla fine, ho bussato alla porta e sono entrato. Come ci si potrebbe aspettare, la stanza era disseminata di carta, CD e capi d’abbigliamento con loghi GNU. Lisa è stata così gentile da farmi fare un giro degli uffici. Avevano un secondo ufficio al piano superiore, con una targa sulla porta che recitava “GPL Compliance Lab”. All’interno c’era una stanza sorprendentemente pulita, con un paio di programmatori che eseguivano GNOME su computer portatili. Ho iniziato a chiacchierare con Jonathan Watterson, attivista della FSF per le libertà digitali. Abbiamo discusso del DMCA, della legge Hollings e della BDPG. Mi disse che teneva conferenze e lezioni nei college e che, al momento, stava pianificando cosa fare in estate, una volta finita la scuola. Tornammo al piano di sotto, e comprai una classica maglietta GNU. Lisa mi diede tanto materiale da leggere, alcuni adesivi e delle spillette con la scritta “Free All E-Book Readers & Programmers / Repeal the DMCA!”. L’ho ringraziata e le ho infilate nello zaino. Andai a perfezionare l’acquisto della maglietta, e un altro addetto inserì i dati del mio ordine in un modello Emacs RFC822. Ha premuto alcuni tasti e ha generato, e stampato, una fattura (numero 11756). Lisa mi ha portato una tazza GNU e io ho messo tutto nel mio zaino (che stava diventando sempre più pesante). Mi guardai intorno per cercare copie della GPL, ma non ne trovai. Immagino che