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Epilogo     233


che porta anche a superare limiti, a violare confini, a cercare di far cadere il velo di segretezza, che il potere è così propenso a mantenere, per tutelare la sua posizione di vantaggio nei confronti del cittadino.

Per Aaron, al centro di tutto vi era la convinzione che l’informazione – e i cittadini correttamente informati – fossero il bene più importante e più prezioso, un bene del quale nessuno, in nessuna parte del mondo, doveva essere privato.

Non solo, quindi, lo affascinò la teoria dei commons, dei beni comuni, ma pensava a un vero e proprio diritto in capo all’umanità di accedere a tutte le informazioni, un diritto che voleva fosse riconosciuto giorno dopo giorno. E, anche in questo caso, le sue idee si ritrovano non soltanto nelle azioni che Tim Berners-Lee e altri continuano a portare avanti, ma anche nei vari progetti di carte dei diritti che cercano di costituzionalizzare i principi inviolabili correlati alla rete. Stefano Rodotà in Italia, ad esempio, con la sua Dichiarazione dei Diritti di Internet del 14 luglio 2015, fu uno dei più illuminati teorici di questo aspetto.

Anche le sue incredibili capacità informatiche – come programmatore ma, anche, come progettista – erano orientate nel collegare queste informazioni, nel combattere la censura, nel rimuovere ogni possibile limitazione di accesso ai contenuti e alla rete. Una continua ricerca di ordine e di catalogazione, unita, però, alla semplicità di utilizzo per l’utente comune.

Nonostante Aaron sia vissuto nell’era della nascita delle prime grandi startup che, poi, avrebbero condizionato il mondo tecnologico e dei big data, si mantenne sempre ai margini di un settore, quello dell’imprenditoria, dove era rimasto scottato con l’esperienza di Reddit e dove, eticamente, si era sentito in difficoltà ad arricchirsi come stavano facendo i suoi coetanei della Valley, ossia chiudendo le informazioni, profilando le persone sin negli aspetti più intimi, monetizzando quell’informazione che lui voleva, invece, libera e gratuita.

Del resto, quello era l’unico modo, secondo lui, per limitare i poteri sia dei governi, sia delle multinazionali che già si stavano espandendo. Non solo le multinazionali dei contenuti e del copyright – si interessò, è vero, alla questione dello strapotere di Hollywood ma, per lui, era un problema satellite, indice di una questione più grande – ma tutte le società e le piattaforme che stavano mettendo i dati e i contenuti, e la loro capitalizzazione, al centro del business.

Se scorriamo il programma dell’ultima edizione dell’Aaron Swartz Day, l’evento organizzato dalla EFF ogni anno per commemorare Aaron, notiamo chiaramente l’attualità dei temi che già lui trattava, e la loro costante evoluzione.

Vediamo, ad esempio, alcune conferenze sul servizio SecureDrop – il suo progetto per la sicurezza delle fonti – ma, anche, la presentazione del progetto BadApple, una collaborazione tra Priveasy e l’Aaron Swartz Day Police Surveillance Project per fornire strumenti, e risorse preziose, con l’obiettivo di responsabilizzare le forze dell’ordine e porre fine a possibili condotte illegali da parte loro.

L’idea alla base di BadApple, che sicuramente Aaron avrebbe amato, è quella di creare un database ricercabile di modelli di Public Records Act, che consentano