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1. Un bambino e un computer

Montare. Smontare. Rompere. Riparare. Leggere. Scrivere. Rileggere. Annotare. Catalogare. Imparare cose nuove. Schedare tutte le informazioni. Collegarle. Linkare. Programmare. Prendere un libro dalla libreria di famiglia. Spostarlo. Prenderne un altro. Trovare i collegamenti tra i due. Incrociare le note. Rimetterli a posto, ma con una collocazione differente. Cambiare ogni giorno, di prima mattina, l’ordine di tutti i volumi di casa in base alle nuove nozioni apprese. E, poi, riorganizzare di nuovo tutte le informazioni, prima di sera, davanti a una macchina meravigliosa e incredibile che si chiama computer.

Già a tre anni compiuti – nel 1989 – le giornate del piccolo Aaron Swartz sono più intense, e impegnative, di quelle di un adulto medio.

Dopo aver imparato a leggere, ha iniziato a giocare e, poi, a scrivere al computer. Poco dopo, ha imparato a capire il codice, e programmare. All’età delle scuole elementari è già in grado di elaborare piccoli programmi.

Al di là della sua spiccata intelligenza, l’Aaron-bambino ha un grandissimo vantaggio iniziale rispetto a molti suoi coetanei: non è soltanto un ragazzino particolarmente vivace e curioso – grazie anche all’ottimo rapporto con i due fratelli – ma può utilizzare, nel suo ambiente domestico, diversi computer e strumenti informatici moderni e potenti, dato il lavoro del padre, consulente informatico e sviluppatore di software.

Ha accesso senza problemi e senza limiti allo stato dell’arte delle tecnologie esistenti in un momento critico: l’espansione del web e la sua trasformazione in rete commerciale.

Per di più, può utilizzare computer Apple: l’interfaccia grafica di quel sistema operativo si presenta particolarmente adatta ai bambini, e gli permette di incanalare al meglio tutta la sua creatività e di rendere concrete le sue innumerevoli idee, in maniera semplice e intuitiva.

Nelle foto e video di famiglia, Aaron non sta mai fermo, né si mette in posa. Sta costruendo qualcosa. O sfreccia per la casa su uno skateboard improvvisato per, poi, rovinare tra le tende della cucina. O, ancora, è davanti allo schermo di un computer, dove muove un mouse, digita codice o gioca.

Deve, in ogni momento, fare qualcosa. Con un dinamismo che ha dell’incredibile.

La sua casa diventa, ben presto, anche la sua scuola e il suo “luogo di lavoro”: i tentativi dei genitori di orientarlo verso un percorso educativo tradizionale si dimostrano, fin dalla sua tenera età, molto difficoltosi.

Un simile rapporto conflittuale con l’ambiente scolastico, e le sue istituzioni, sarà una costante di tutta la vita di Aaron: dalle scuole elementari al college sino, poi, all’università.