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21. Libertà del codice, dela scienza e della cultura


In un momento importante della sua vita – più o meno a partire dai 14 anni – Aaron iniziò a interessarsi di libertà, sotto vari aspetti e accezioni.

Vi fu, innanzitutto, l’innegabile influenza, molto importante, di Richard Stallman e del movimento del software libero, con riferimento alla libertà del codice informatico; a ciò, si aggiunse la frequentazione di Tim Berners-Lee e il lavoro, pubblico e gratuito, effettuato dagli scienziati del consorzio per il web sugli standard che stavano elaborando. Lo affascinarono, poi, i nuovi limiti di libertà che cercava di stabilire Lawrence Lessig con il progetto Creative Commons, per liberare il più possibile le opere amatoriali dell’ingegno prodotte e scambiate in rete. Il passo successivo fu un vivo interesse per il mondo dell’open access e della diffusione libera degli articoli scientifici per, poi, approdare quasi naturalmente a una forte volontà di "liberazione" di tutto ciò di documentale che fosse prodotto dal comparto pubblico e finanziato con i soldi dei cittadini.

Al contempo, sin da ragazzino, nei suoi primi post sui blog, descriveva senza particolari problemi il suo costante uso di sistemi di file sharing e di peer-to-peer per scaricare musica e film e la sua opposizione al concetto di “pirateria” così come veicolato, in un’ottica negativa, dal governo e dal legislatore.

Infine, ci fu un momento di forte innamoramento per Wikipedia e per ciò che rappresentava, dal punto di vista della libertà e della condivisione, questa invenzione geniale che era apparsa nel mondo della nuova cultura digitale.

L’idea di libertà di Aaron era pienamente inserita nella tradizione nordamericana. Si legga, ad esempio, questo post nel suo blog, datato 12 gennaio 2004 e intitolato, significativamente, “Jefferson: Nature Wants Information to Be Free”. Il riferimento diretto a Thomas Jefferson è utilizzato per estendere le sue idee libertarie al mondo, a lui caro, della condivisione della conoscenza e dei contenuti.

Dal momento che in molti hanno affermato che la mia visione del diritto d’autore e dei brevetti è infantile, e che è dovuta solo al fatto che sono cresciuto con Napster e non scrivo per professione, ho pensato di indagare su alcuni punti di vista più rispettabili sull’argomento. E chi meglio di Thomas Jefferson, il nostro terzo presidente più riflessivo? A giudicare dalla sua lettera a Isaac McPherson, il pensiero di Jefferson è il seguente:
Nessuno mette seriamente in dubbio che la proprietà sia una buona idea, ma è bizzarro suggerire che le idee debbano essere proprietà. La natura vuole chiaramente che le idee siano libere! Sebbene si possa tenere un’idea per sé, non appena la si condivide, chiunque può averla. E una volta che l’ha avuta, è difficile che se ne liberi, anche se lo volesse. Come l’aria, le idee sono incapaci di essere rinchiuse e