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Prologo     19


Il 5 ottobre del 2009 proprio Aaron, grazie al FOIA – la normativa nordamericana sulla trasparenza – ottenne una copia di quel fascicolo e la pubblicò integralmente sul suo blog, con il suggestivo titolo “Wanted by the FBI”.

«Oggi sono entrato in possesso del fascicolo dell’ FBI su di me. Forza, correte a richiedere il vostro!» – scrisse il giovane sul suo sito Raw Thought, sdrammatizzando un po’. Anche se il fatto di essere sotto sorveglianza lo stava preoccupando non poco.

«Come immaginavo, e come speravo, è davvero delizioso» – continua – «Presenta solo alcuni piccoli omissis per motivi di privacy (in pratica, hanno cancellato i nomi degli agenti coinvolti, e cose simili). E tutto è iniziato quando... In realtà, lascerò che sia il fascicolo a raccontare tutta la storia».

Aaron scoprì, così, che la sua posizione era rimasta aperta dal 6 febbraio 2009 sino al 20 aprile dello stesso anno, prima che il bureau decidesse di chiuderla.

Non vi era, per gli investigatori, un immediato interesse nel perseguire Swartz e Malamud per quei fatti.

Nessuna accusa, alla fine, venne mossa, ma l’atmosfera generale era diventata improvvisamente tesa.

Il rapporto tra federali, Secret Services (anche loro avevano iniziato a indagare nell’ambito della cyber-criminalità), hacker e attivisti informatici si stava deteriorando giorno dopo giorno, soprattutto quando erano coinvolte le vulnerabilità dei sistemi informatici pubblici e delle infrastrutture critiche: le grandi banche dati pubbliche, le compagnie telefoniche e di telecomunicazioni, i sistemi dell’amministrazione della giustizia non si potevano toccare.

Nei mesi, e negli anni, successivi sarebbero arrivati nuovi, importanti scandali, rivelati da Julian Assange e da WikiLeaks.

Di lì a poco – nel maggio del 2010 – ci sarebbe stato l’arresto di Chelsea – nata Bradley–Manning, accusata di aver rubato decine di migliaia di documenti riservati quando era analista di intelligence durante le operazioni militari in Iraq e di averli consegnati proprio a WikiLeaks. Sarà condannata, per questo, a 35 anni di carcere.

Il giovane Aaron Swartz stava iniziando a operare come attivista proprio in anni che si stavano rivelando critici per Internet e per i suoi equilibri mondiali e geopolitici.

Le primavere arabe – tra la fine del 2010 e tutto il 2011 – avrebbero attraversato tanti Paesi come una vera e propria scossa elettrica e avrebbero posto al centro del dibattito, con esiti non sempre soddisfacenti, i temi della libertà della rete e dei mezzi di comunicazione dei cittadini, dell’informazione, della cultura e della diffusione libera di contenuti. In più, la tecnologia sarebbe stata usata come strumento di resistenza elettronica, di aggiramento dei tentativi di censura governativa, di connessione tra le persone e di organizzazione delle proteste.

L’indirizzo IP, così interessante per l’ FBI in un’ottica investigativa, divenne di estremo interesse anche per gli attivisti: s’iniziarono a sviluppare – o