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158      Aggiustare il mondo


Ciò, purtroppo, servì a poco o nulla.

Quando, il 19 luglio 2011, l’accusa federale venne resa pubblica, JSTOR pubblicò un comunicato stampa del seguente tenore:

Siamo stati citati in giudizio dall’ufficio del procuratore degli Stati Uniti in questo caso, e stiamo collaborando pienamente. L’indagine penale, e l’odierna incriminazione di Swartz, sono state coordinate dall’ufficio del procuratore degli Stati Uniti. È stata una decisione del governo, non di JSTOR. Come già detto, il nostro fine era quello di mettere al sicuro i nostri contenuti. Una volta raggiunto questo obiettivo, non avevamo alcun interesse a che la questione legale fosse portata avanti. Per quanto riguarda il coinvolgimento di JSTOR nel procedimento penale – si legge ancora nel comunicato – ci preme far notare, anche, quanto segue. Quando, l’11 gennaio, i Secret Services hanno domandato a JSTOR il valore del suo database, JSTOR si è rifiutato di rispondere. In seguito, quando l’ufficio del procuratore ha contattato JSTOR per ottenere informazioni, JSTOR ha insistito per ricevere un mandato di comparizione. Sono stati notificati diversi mandati di comparizione e JSTOR ha cercato di limitare al minimo le informazioni fornite in risposta ai mandati di comparizione. Il governo non ha mai domandato alla dirigenza di JSTOR se vi fossero stati accessi non autorizzati, frodi, inganni o danni. Le sue indagini su JSTOR prima dell’incriminazione sono state “superficiali”. Nessun dipendente di JSTOR è stato interrogato prima dell’incriminazione (sebbene l’accusa abbia avuto accesso ai documenti di JSTOR tramite citazioni in giudizio).

Contemporaneamente, il team dell’accusa sta impostando il caso e integra il fascicolo anche raccogliendo tutte le fonti di prova provenienti dal MIT.

Vengono acquisiti dati del sistema di videosorveglianza, indirizzi IP assegnati ai diversi edifici, file di log connessi agli eventi, tutti i messaggi di posta elettronica, appunti, rapporti, documenti, corrispondenza e altri materiali che riguardano, o si riferiscono, agli eventi, fotografie, video e le altre immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza nel ripostiglio del famoso Edificio 16 e utilizzate durante gli eventi, schermate del processo di accesso degli ospiti alla rete del MIT e relative condizioni d’uso.

L’accusa cerca anche di ottenere, dall’università, una sorta di “quantificazione dei danni” che Aaron avrebbe portato al loro sistema. Ma il MIT, su questo punto, è fermo: precisa all’accusa, e alle sue domande, che non sono quantificabili spese direttamente correlate alla risposta ad eventi causati da Aaron e che non vi erano state spese vive. L’accusa, a questo punto, insiste per avere almeno una stima del tempo impiegato da tutto il personale per contrastare le azioni di Swartz. In altre parole: si cerca di quantificare il costo orario di dipendenti del MIT, comunque pagati mensilmente, che però, a causa delle attività di Aaron, fossero stati costretti a dedicare il loro tempo lavorativo a fare altro.

Nonostante la posizione chiara di JSTOR e del MIT – nessuno dei due domandò esplicitamente un procedimento penale – l’accusa decise comunque di andare avanti.