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140      Aggiustare il mondo


Un fotografo inizia a fare i rilievi investigativi di rito: vengono scattate fotografie dell’armadio, della scatola, del computer portatile e di un disco rigido collocato sotto al computer.

Terminato un primo sopralluogo, la polizia del MIT assume una decisione importante che cambierà il corso dell’intera vicenda: si tratta, a loro avviso, di un caso di criminalità informatica, e la criminalità informatica, nell’ordinamento nordamericano, è una cosa seria.

Viene, così, contattato il Dipartimento di Polizia di Cambridge, che manda un agente esperto di computer forensics e di crimini informatici.

Il detective di Cambridge che viene allertato dalla polizia del MIT fa parte di un gruppo interforze, la New England Electronic Crimes Task Force, e sta lavorando tranquillo nel suo ufficio, in un edificio federale a Boston. È lì, proprio in quel momento, insieme ad altri agenti delle forze dell’ordine, le cui agenzie partecipano ai lavori della task force.

Il detective si presenta poco dopo al MIT con altri due componenti di quella task force contro i crimini informatici: un agente speciale dei Secret Services degli Stati Uniti d’America e un detective del Dipartimento di Polizia di Boston. Tre investigatori coinvolti, quindi, tra cui uno dei Secret Services.

Il MIT, in un passaggio del rapporto interno che stilerà sull’incidente, ci terrà particolarmente a precisare, con riferimento a questa circostanza, come non fossero stati loro a chiamare i Secret Services: la polizia del MIT aveva contattato il detective di Cambridge, chiamandolo sul suo cellulare personale, e l’agente speciale si era unito di sua iniziativa al detective per il sopralluogo.

All’arrivo degli agenti, il computer portatile sospetto è in piena attività e sta ancora scaricando dati. Inoltre, durante il monitoraggio, gli ingegneri di rete del MIT avevano osservato come il portatile fosse stato contattato da diverse fonti, tra cui un indirizzo IP situato in Cina.

Queste informazioni, comunicate alle forze dell’ordine, aumentano il livello di allarme e fanno temere che possa essere coinvolta una persona, o un’entità, in Cina. Comincia a circolare il sospetto di un attacco internazionale.

L’agente speciale, sulla scena del crimine, decide di collegare un dispositivo USB al computer portatile, nel tentativo di copiare il disco rigido per poi analizzarlo in laboratorio, ma il tentativo non va a buon fine.

Vengono acquisite le impronte digitali presenti sul portatile e sul disco rigido e si decide, come strategia di contrasto e investigativa, di lasciare il portatile e il disco rigido sul posto, così come sono stati trovati, per intercettare un eventuale ritorno della persona che li aveva posizionati lì. Non è possibile, per limiti di risorse umane, garantire un monitoraggio costante dei corridoi e delle stanze che portano al seminterrato e attorno allo sgabuzzino. Si prende la decisione, allora, di installare una videocamera nell’armadio, che possa essere monitorata da addetti alla sicurezza collocati in un altro punto del MIT, a poca distanza da lì.