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138      Aggiustare il mondo


indagando su questo caso; visto che ad avere originato l’attività illecita è stato un ospite in visita al MIT, confidiamo che il fatto non si ripeterà più».

In risposta a questo messaggio rassicurante da parte dei vertici del campus, JSTOR decide, in un’ottica di fiducia, di riattivare tutti gli indirizzi IP collegabili alla rete del MIT e di tenere, però, sotto controllo con grande attenzione le attività di rete e la situazione. Al contempo, il team di sicurezza della rete del MIT e il gruppo “Stopit” – che si occupa di fermare i comportamenti inappropriati che si verificano per via elettronica – aumentano, a loro volta, il livello di allerta.

Il modo di procedere del gruppo “Stopit” del MIT, che cerca di mantenere l’ordine nel campus con riferimento agli episodi di scaricamenti selvaggi, è molto interessante: generalmente ha il compito di inviare al trasgressore un messaggio di posta elettronica di avvertimento e, nella maggior parte dei casi, un simile ammonimento formale è sufficiente per responsabilizzare gli utenti e farli smettere.

Nel caso in questione, però, il computer era registrato in rete a un “ospite”, e l’ospite utilizzava un indirizzo e-mail anonimo che non poteva in alcun modo essere contattato. L’unica cosa da fare fu, allora, quella di disabilitare la registrazione dell’indirizzo MAC utilizzato dal computer incriminato per generare un deterrente sufficiente per ulteriori attività.

Due settimane dopo – sabato 9 ottobre 2010, proprio durante il fine settimana del Columbus Day – si verifica un secondo incidente molto simile al primo: un ospite esterno della rete scarica altri articoli di JSTOR, utilizzando un indirizzo MAC leggermente modificato rispetto a quello correlato al primo episodio.

Questa volta, però, le richieste e i download generano dei malfunzionamenti enormi che si estendono, pian piano, a tutti i server di JSTOR. Gli ingegneri della società sono seriamente preoccupati, e la situazione diventa d’emergenza: il servizio rischia di diventare inaccessibile da tutto il mondo, e le richieste di download sembrano provenire, in questo caso, da migliaia di macchine contemporaneamente.

JSTOR è costretto nuovamente a interrompere il servizio alle 23:15 circa del 9 ottobre 2010, limitando così i danni: erano stati scaricati, in questa sessione di collegamento, “solo” 8.000 articoli.

Una rapida investigazione interna all’azienda conferma che gli articoli in corso di scaricamento non erano limitati a una specifica disciplina, ma erano sequenziali e attraversavano l’intero database e ogni possibile argomento. Era il chiaro segnale di come fosse in corso uno “sforzo concertato per scaricare l’intero archivio JSTOR”. L’intero archivio.

La situazione diventa ancora più delicata. I vertici di JSTOR iniziano a dialogare con i vertici delle biblioteche del MIT sul da farsi. Vi è, però, urgenza di ripristinare il servizio, che è centrale per la vita accademica, e ciò viene fatto il 12 ottobre, dopo tre giorni di blocco delle banche dati nell’intero campus.