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xxiv - pieraccio tedaldi 51

E son sì indebilito,
che, s’io non ho da te consiglio o regola,
sono impaniato come tordo in pegola.

XXXII

Richiama gli avvocati, i giudici e i notai al loro dovere.

O avvocati e giudici e notari,
che aiutate e difendete il torto,
di ciò io vi consiglio e vi conforto:
4lasciare e vizi vostri iniqui e amari.
Non siate a tór l’altrui cotanto avari,
che alcun per voi fuor di ragion sie morto,
per quella fé, che a Gesú Cristo porto:
8ché troppo al fin gli smaltirete cari!
Chi biasma usura e toglie altrui moneta,
quel tal si chiama un usurai’ celato,
11che ’ngrassa sé, e ’l cattivel dieta.
O giudice, o notai’ poco affrenato,
se non avrai del tuo prossimo piòta,
14sarai dal sommo Padre abbandonato.
Ciascun si guardi ben, a cui ciò tocca,
ché Morte ha teso l’arco e spesso scocca.

XXXIII

Il mondo s’incammina di male in peggio

Amico, il mondo è oggi a tal venuto,
che poco vaici amore o caritade,
e molto rara ci è la lealtade,
4e piú la fé, se Iddio mi sia in aiuto.
Ché ’l piccol dal maggior è si premuto,
che ad udirlo è una gran piatade;
e non si truova in bocca veritade
8al giovene, al mezzano o al canuto.