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38 xxiv - pieraccio tedaldi

VI

S’è innamorato donna donna, che rassomiglia ad un’altra giá da lui amata.

La gaia donna, che, del mio paese,
vidi fra l’altre donne, ch’eran molte,
con velo in capo e colle treccie avvolte,
4acconcia adornamente a la lucchese,
mirando in lei, subito il cor mi prese
colle bellezze, c’ha nel viso accolte,
e tutte noie m’ha levate e tolte,
8e le virtú doblate e forte accese.
E ciò m’è divenuto, per che sembra
alquanto quella, ch’era romagnola,
11di cui a ciascun’ora mi rimembra
de la dolce figura, collo e gola,
de la grandezza, e di certe altre membra,
14e de la sua angelica parola.

VII

Come dev’essere fatto un sonetto.

Qualunque vuol saper fare un sonetto,
e non fusse di ciò bene avvisato,
s’e’vuol esser di questo ammaestrato,
4apra gli orecchi suoi e lo ’ntelletto.
Aver vuol quattro piè, Tesser diretto
e con dua mute, ed essere ordinato,
ed in parte quattordici appuntato
8e di buona rettorica corretto.
Undici silbe ciascun vuole punto,
e le rime perfette vuole avere,
11e con gentil vocabuli congiunto;
dir bene a la proposta il suo dovere:
e, se chi dice sará d’Amor punto,
14dirá piú efficace il suo parere.