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morte di Dante. — «Catone» (v. 11): cioè l’autore dei Disticha Caionis; — Donato fu il celebre grammatico (e cfr. p. 130) ; — in «Gualtieri» vedo col Rajna un accenno a quello, che nella tradizione italiana si chiamò per solito Libro di Gualtieri o Gualtieri d’Amore, ossia il Liber Amoris di Andrea Cappellano (SI. di filol. rom., V, 216 e 243-5), laddove il Novati pensò all’autore dell’ Alexandreis, Gualtiero di Chátillon (Le moyen áge, IV, 185); cfr. ora Giorn. slor., LXXIV, 166.

XVIII. — Il ms. avverte che fu scritto mentre il p. era «castellano in Monte Topoli», cioè Montopoli (la «buca» del v. 1), «per messer Filippo da Saggineto», ossia per Filippo II da Sangineto, contedi Catanzaro, che fu a Firenze vicario generale di Carlo duca di Calabria dal dicembre 1327 al novembre’28 (Davidsohn, Gesch., III, 814-5 e n. 2; Forsch., IV, 549).

XIX. — Il ms.: «nel 1333, antivedendo sopra il fatto del legato di Bologna», vale a dire prevedendo la ribellione dei bolognesi al card, legato Bertrando del Poggetto, scoppiata il 17 marzo 1333 stile fior. (cfr.

Morpurgo, Le rime di P. T., p. 16, n. 3), ossia 1334. — «Il prete di Catorsa» (v. 2): Giovanni XXII; cfr. l’allusione di Dante ai «caorsini» (Par., XXVII, 58).

XX. — Posteriore all’alleanza tra Firenze e Venezia (21 giugno 1336).

Nello stesso anno cominciarono i prosperi successi della lega, ai quali forse si accenna nei vv. 13-4 e nel son. sg. Questo al Morpurgo (op.

cit., p. 16, n. 4) parve potersi credere composto dopo la presa di Padova (3 agosto ’37).

XXII. — «Per una grande moria l’anno 1340», il cod. (cfr. Villani, XI, 114).(p. 20, n. 3), Bartolo di DofTo della Rena e Berto di sere Spigliato da Filicaia. — Il re Carlo di Francia (v. 1) non può essere se non Carlo IV (1322-8), durante il cui regno fu conte in Poppi Simone di Battifolle (f 1348). Da ciò si ricava anche il tempo, in cui il p. andò in Romagna, ove restò parecchi anni. La donna ricordata nei vv. 10-1 potrebb’essere la romagnola, di cui nel son. vi, 9 11.

XXIV. — «Sendo stato anni 25 fuori di Firenza»: ma queste didascalie del cod. non sono sempre esatte. Del resto, codesti 25 anni si riferirebbero non al «tanto dimorare qui in Romagna» (v. io), ma ad una generica assenza da Firenze, che può comprendere anche altre residenze (p. e., quella di Lucca, di cui nell’annot. al son. vi).

XXIX, 5-8: si ricava che il p., mentre scriveva, aveva 55 anni, non 64, quanti gliene attribuisce una delle solite didascalie. A 63 anni, invece, fu composto il son. xxx (cfr. v. 5).

XXXIII. — Diretto al romagnolo Manfredi di Boccaccio da Meldola; della cui famiglia, ma non di lui, si vedano notizie, raccolte da C. Ricci, nel voi. Studi su G. Boccaccio, pp. 30-1.