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4- «re» = «treb»): giochetti, allora, tutt’altro che infrequenti (cfr. il son.

xvm del Ceccoli, v. 14) e al N., in ispecie, abbastanza cari. — I vv. 5-6 accennano alla leggenda di Tiberino, ond’ebbe il nome di Tevere l’Albula.

Dal v. 16 s’arguisce che Trebaldino dimorava nella Teverina, la parte della vallata del Tevere compresa tra Torgiano e Todi.

III, 1: «ti», iniziale del nome «Trebaldino», come conferma il cod.

con la didascalia «Ser Cecchus prò Trebaldino».

IV. — Accostando le lettere iniziali dei vv. dispari e pari delle quartine, poi dei dispari delle terzine, si ha l’acrostico: «Trebaldino Manfredini ser Ceco». Luccia (Niccoluccia) si dovè chiamare, comesi rileva dal son. v, la madre di Trebaldino.

V, 2: accenno al carattere iracondo di Bonifazio VIII. Il gergo furbesco cela senza dubbio qualche concetto scurrile; gergo ricorre sicuramente anche nei sonn. xiv e xv.

VII, 14: «quel chierco»: probabilmente «el priore de Fonte, altramente chiamato dom Uccio de meser Gualfreduccio degli Baglione». Con alcuni altri (tra cui due figli del fratello Cucco, il rimatore) assassinò il i° dicembre 1331 m. Oddo di m. Longaro degli Oddi; i colpevoli, fuggiti, ebbero in pena il bando (14 gennaio ’32). Cfr. Arch. slor. Hai., XVI, 1, X05-7. Forse tra quei complici era l’amico del N.: onde la maledizione contro il promotore della congiura.

XVI. — Può credersi scritto nel febbraio 1337, quando «si ruppe il trattato» (v. 12) tra i perugini e i signori di Pietramala, che il mese dopo s’accordaron coi fiorentini, cedendo loro la signoria d’Arezzo (Villani, XI, 59).


XXIII

TENZONI DI RIMATORI PERUGINI

I-II.— Sono certamente (checché del son. 1 della prima affermi il Tommasini Mattiucci, op. cit., pp. 80-1) del 1335-7: tempo della lotta tra il Comune di Perugia e i Tarlati di Pietramala, rappresentati araldicamente, l’uno dal grifone bianco in campo rosso, gli altri dai sassi d’oro (sei pietre quadre, disposte 3-2-1) in campo azzurro. Ma, se la prima tenz. ebbe luogo quando la rovina dei Tarlati non era ancor compiuta (un’allusione alla sconfitta subita dai perugini l’8 giugno 1335 è nel son. 2, 9-11), la seconda invece fu scritta quando ormai i Tarlati, perdute Borgo San Sepolcro e Cittá di Castello (aprile e ottobre ’35), si erano ridotti al solo dominio d’Arezzo (r, 1-2). Ad ambedue queste imprese partecipò Neri d’Uguccione della Faggiola (ivi, 17). — II, 1, 1: Ierf.m., Thren.,\, 1; — 12-13: allusione evidente alle pratiche strette contro Arezzo coi fiorentini,