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xxii - ser cecco nuccoli 7

se non ch’en quisto mondo piú non capo;
e giá mi renderia a Morte vinto
14senza ’l tuo viso, ch’i’ ho nel cor pinto.
Vanne, sonetto, tosto e rieca ’l pasto,
prima ch’io sia da Morte al tutto guasto.

XII

Si croccia per la crudeltá, che gli è usata.

Ogni pensier, ch’i’ ho ’n te, se dispera,
poi che con crudeltá te se’ compliso;
Eddio a tal gente non dá paradiso,
4ance i descaccia: e questa è cosa vera.
Se ben racordi il salutar di sera,
me rispondeste: — Or va’, che tu sie ucciso! —
Sempre col fin de tuoe parole un riso
8t’uscia di bocca con allegra cera.
Ond’io, mirando a voi, foi si contento,
che non m’increbber le villan’parole;
11nii rischiaraste, come l’aer el vento
fa, se da nuvoli è coverto el sole;
si ch’io di tal disio ognor mi pento,
14poi ch’ascaran se’ fatto e ’l cor m’invole.
Ma quel signore Amor, ch’amar mi trasse,
non vuol ch’io retro ritorne coi passe.

XIII

Rimpiange il tempo perduto nella vana passione.

Signor, tanto me piacquer tuoi salute,
ch’io mille grazie ne rendel al messo;
e ben mostre nel dir che sol se’ esso
4colui, ch’avanze sovr’ogne vertute.