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nelle Opere della Morata; ma nessuno ha badato finora che di essa e dell’altra diretta allo stesso Curione da Schweinfurt il i° ottobre 1551 (lett. XV) esistono redazioni notevolmente diverse nel- VEpistolario del Curione edito nel 1553. In questa redazione sono nominati esplicitamente i duchi di Ferrara, mentre nell’altra al posto dei loro nomi si trovano vaghe indicazioni. Evidentemente l’editore, che nell’uno e nell’altro caso fu il Curione, la prima volta lasciò il lamento della Morata verso gli antichi protettori, che l’avevano abbandonata, nella forma in cui era uscito dalla sua penna, mentre la seconda credette opportuno di temperarlo. Contrariamente adunque a quanto pensò il Fontana {op. cit., 304-5), si deve ritenere che il Curione, piuttosto che aggiungere qualche amara parola al giudizio di Olimpia su Renata, ne moderasse alquanto l’asprezza. Anche piú ampia testimonianza del lavorio compiuto dal Curione ci offre la lettera della Morata alla sorella Vittoria, che il Bonnet comunicò alla Rivista Cristiana del Comba nel 1878. Essa era scritta originariamente in italiano; ma il Curione la tradusse. Ora basta confrontare le due redazioni per vedere come egli abbia rifuso ed ampliato il testo originale e per avere altri saggi delle soppressioni introdottevi. Parlando di Heidelberg, Olimpia scrisse: «Questa cittá ha ben predicatori buoni, ma ancora e preti e frati, e non è la cosa troppo netta». Il Curione omise la frase. Altrove, accennando ai vescovi, che bruciarono Schweinfurt, Olimpia ha queste parole: «e dopo che hanno bruciato Suinforto, che non hanno lasciato pur una casa, hanno ancora bruciato il paese del piú pio principe che fosse in Alemagna». Il traduttore tacque tale circostanza. Ancora troviamo nel testo originale: «Egli (Dio) volle questi mezzi: l’evangelio e la orazione per salvarci». Il Curione tolse la frase, che suonava troppo apertamente contraria ai Calvinisti. Citando i Salmi la Morata segue la numerazione della Volgata; il Curione vi sostituisce quella del testo ebraico: onde XC e CXLI invece di LXXXIX e CXL, come si leggeva nell’originale. Altre differenze potrá osservarle il lettore. Restituire le lettere della Morata al primitivo dettato deve essere desiderio di ognuno che ami conoscere i sentimenti veri della scrittrice; ma purtroppo, data la enorme dispersione che le lettere stesse hanno subito, l’impresa non è facile. Mi sono limitato pertanto a rimettere le cose a posto dove era possibile.