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J. Bonnrt, O. M. Épisode de la Renaissance eti Italie , 4 me édit., Paris, Grassart. 1866, a cui pochissimo aggiunsero i lavori posteriori di G. Agnhlli, F. O. M., Ferrara, 1892 (estr. dal voi. Quinto centenario di fondazione della libera Universitá di Ferrara ), di B. Fontana, Renata di Francia duchessa di Ferrara , Roma, Forzani, 1893. Il» 155 e 296 sgg., e di A. Morpurgo, O. M. in «Archeogr. Triestino» n. s XXI (1896-97), pp. 300-32, e l’art. del Bknrath nella Realencyklopádie fur Protestantische Theologie u. Kirche di Hkrzog , XIII, 461. Per tenerci ora aH’epistolario, esso offre il campo a due questioni: una di testo e una di cronologia. Procurerò di esporle nel modo piú breve possibile, traendo dal mio discorso risultati, se non m’inganno, notevoli per la conoscenza di Olimpia. Sappiamo che il Curione si assunse il compito di raccogliere e pubblicare gli scritti e le lettere della Morata. L’infelice donna gliene dette incarico limitatamente però ai versi, quae — ella scrisse — potuí in memoriam redigere post ruinatn Suinphordensem (leit. L). Gli altri scritti si perdettero nell’assedio e nel saccheggio della cittá. Ma il Curione si pose all’opera e col solito suo zelo, accresciuto dall’amicizia, che lo legava a Olimpia e al padre, dalla comunanza della fede religiosa e dall’interesse, che destavano e destano ancora oggi i casi della scrittrice, riusci a procurarsi quanto ella aveva scritto e, fra l’altro, un bel manipolo di lettere. Rintracciato il materiale, quale uso ne fece il Curione? La Morata pregò l’amico che le facesse da ArFtarco e desse l’ultima lima ai versi trascritti, come dicevo, a memoria dopo che la redazione originale era andata dispersa (lett L). Ma il Curione estese la facoltá concessagli per i carmi anche agli altri scritti, e, ciò che mai avrebbe dovuto fare, alle lettere. Non solo egli tradusse in latino alcune di quelle originariamente scritte in italiano, il che fino ad un certo punto poteva anche rispondere ad una necessitá per il pubblico tedesco e anglosassone, a cui si dirigeva la pubblicazione; non solo da buon umanista le ripulí, le ampliò e le rifece col suo stile di valente ciceroniano; ma vi introdusse modificazioni, che ne intaccarono la sostanza; soppresse o attenuò frasi e parole, che, divulgate, sarebbero apparse eccessive; tacque nomi e circostanze, che sarebbe stato sconveniente mettere in pubblico. Documento la mia affermazione. Della lettera scritta al Curione da Augusta il 7 ottobre 1550 tXlV di questa raccolta) possediamo una redazione compresa