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risultano chiare da questi documenti. Ella è contro la dottrina della predestinazione (lett. XLIX); si augura che una conciliazione intervenga tra sacramentari e seguaci della dottrina eucaristica quale la concepí Lutero; infine, e questo colpisce maggiormente chi legge l’epistolario moratiano, si dimostra profondamente convinta che le sue credenze son vere e manifesta veemente desiderio di trasfondere negli altri la stessa sua fede. Tale proselitismo ella compie come un sacro dovere con una insistenza e un vigore di persuasione davvero straordinarii. Ricorrono frequenti nelle sue lettere le esortazioni allo studio della Sacra Scrittura da farsi da soli senza bisogno di intermediari. Frequentissimi sono i richiami alla fede in Dio e nel sacrificio di Cristo redentore dell’umanitá. «Fuori di Dio non v’è salute» è la frase che si ripete spesso. Altro fatto notevole: Olimpia procura di mettere alla portata dei connazionali le dottrine riformate; la vediamo quindi pregare il Vergerio perché traduca in lingua italiana il Catechismo di Lutero, e rivolgersi a Mattia Flacio perché faccia altrettanto per altre opere del gran riformatore o scriva qualcosa di nuovo. Una donna cosi profondamente convinta, e che d’altra parte nutriva sentimenti tanto elevati, non rimase mai insensibile alla sorte dei propri fratelli in fede perseguitati dagli avversari. Le persecuzioni ordinate da Maria Tudor in Inghilterra, che causarono la fuga di Bernardino Ochino di lá a Ginevra (lett. XLVI e XLYII); le violenze, di cui i protestanti erano vittime in Germania e in Francia, la colpirono profondamente. In una lettera all’antica compagna di studi e di giovinezza Anna d’Este, divenuta duchessa di Guisa, invocò il suo intervento presso il manto, perché non inveisse contro gli Ugonotti (lett. XXXII). E non piccole preoc cupazioni destò in lei l’andamento della chiesa riformata in Italia. La dispersione degli eretici ferraresi ordinata da Ercole li l’afflisse (lett. XXXV); vivo sdegno provò per la ritrattazione di Renata e di altri correligionari ; in compenso ebbe la consolazione di udire che sua madre, Lucrezia Gozzi, era rimasta ferma nelle proprie credenze (lett. XL). Quando apprese che l’eretico faentino Fanino Fanini correva pericolo nel capo ad opera dell’ Inquisizione, pregò l’amica Lavinia Della Rovere, perché, andando a Roma, dove possedeva larghe aderenze, gli risparmiasse l’amara sorte, che purtroppo lo colpi. Sarebbe argomento degnissimo di studio quello della Morata; eppure si deve ancora far capo alla vecchia monografia di