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46 ii - pulzella gaia


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Un giorno, cavalcando alla boscaglia,
messer Galvan fu arrivato a una fonte,
lá dove un cavaliero armato a maglia
stava appoggiato, la mano alla fronte;
quale a Galvano domandò bersaglia:
combatter vuol con lui e darli onte.
Messer Galvan lo addimandò del nome.
— Breus mi chiamo. Or hai saputo il come.
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Io vo cercando Tristan, Lancilotto,
messer Galvano e ’l buon Astor di Mare,
Palamidès, Galasso tanto dotto,
Troiano e Lionel vorria trovare;
messer Ivano e Artú di Camellotto,
e Lionbordo ancor per tale affare;
e tutti li altri cavalieri erranti,
ché impiccar li vorria tutti quanti.
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Per forza o inganno li vorria tradire. —
Messer Galvan li disse: — I’ ti disfido! —
Al primo colpo lo fece giú ire,
questo Breusse, nato di mal nido.
E poi li disse: — Ora t’abbi a pentire;
del mal volere i’ per ora t’affido. —
E in quel luogo abbattuto lo lasciava;
poi ’l buon Galvano al suo cammino andava.
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Sei mesi e piú elli ebbe cavalcato,
e di cercare non fa restagione;
e ad un castello lui fúne arrivato;
giú da cavallo dismontò il barone.
Su per la scala lui fúne montato,
e in quello luogo non vedea persone.
La tavola imbandita di vivanda
v’era, e di tutto che ragion comanda.