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cantare primo 33


8
La serpe disse: — Deh! non ti sdegnare,
o cavaliero, se tu non m’hai morta.
Quanti n’è qui e n’è di lá dal mare
de’ piú pro’ cavalieri che arme porta,
un solo colpo non mi potria dare,
tanto io sono poderosa e accorta.
Giá piú di mille aggio discavalcati:
tu se’ lo fior di quanti n’ho trovati. —
9
Disse messer Galvano: — Io non mi sdegno
se non per tanto ch’io non ho la morte,
da poi che piace all’alto Dio del regno
che la sventura mia sia tanto forte,
che cosí sozza cosa con suo ingegno
m’abbia condotto a cosí mala sorte.
Dammi la morte e piú non indugiare,
ch’io non ti vo’ veder piú, né parlare. —
10
La serpe disse: — O sire, in cortesia,
dimmi ’l tuo nome e non me lo celare;
ch’è un gentil cavaliero, in fede mia,
che lungo tempo l’ho avuto a amare.
Se tu se’ desso, o dolce anima mia,
di ricche gioglie t’averò a donare;
che mai piú ricca gioglia né piú bella
non ebbe cavalier che monti in sella. —
11
Messer Galvan rispose: — Altri che Dio
di te non poria fare cosa bella;
ma, poi che vuoi saver lo nome mio,
lo sire Lancilotto ogn’uom m’appella. —
La serpe li pon mente con disio,
e disse: — Tu m’inganni alla favella.
Di arme ho avuto a far con Lancilotto:
tu se’ di lui molto piú saggio e dotto. —