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Parlava Gismirante immantanente
a quel barone, si parlava iscorto:
— Or ben vi dico che la piú vii gente
che sia nel mondo hano averlo morto. —
Disse il baron: —Tu erri fortemente,
e dico io che tu ragioni il torto,
ch’egli è per arte fatto in tal maniera,
che come il diavol percuote la sera. —
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Rispuose Gismirante: — S’i’ avessi
buon’arme e buon cavallo in mie podestá,
vórni obrigare, s’io no l’ucidessi
sanz’allro aiuto, di perder la testa. —
Mostra che quel baron si lo intendessi;
andò all’imperadore, e non fe’resta,
e disse come si era vantato.
Lo ’mperadorc ebe per lui mandato,
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e si gli disse: —Vedi clic m’è detto
che tue li vanti della cotal cosa,
se ’l vanto tuo vuo’ mettere in effetto,
i’ li darò mie figlia per isposa. —
Allor rispuose il nobil giovinetto:
— 1’ non vogli’altro ch’arme poderosa. —
Disse lo ’mperador: — Arme e destriere
ara’ miglior che avesse cavaliere. —
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E fe’ venir q’iant’armc in corte avea,
dicendo: — Frenili la qual piú ti piace; —
ed e’, provando, tutte le rompea
dicendo: — I’ vogli’arme piú verace. —
Lo ’mperador vede quel che facea:
disse: — In costui ha (orza molto aldace. —
E le’ venire un’arma molto antica,
che quattro la portavan con fatica.