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Or eccoti venir quella donzella
in compagnia ad un leone e un drago,
ed adorando al crocifisso; ed ella
vide colui ch’era cotanto vago,
il qual parlò con ardita favella,
che di suo morte non curava un dado.
— Dama, merzé, bench’io serva la Morte,
che per vederti vengo infin da corte! —
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Ed ella, riguardando Gismirante,
ch’era si bel che contar noi potrei,
e imaginando poi in sé davante
le cose ch’egli avie fatte per lei,
ridendo disse: — I’ ti vo’ per amante,
ma fuor di questa terra uscir vorrei:
però, se mi vorrai al tuo dimino,
verrai per me istanotte a matutino. —
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Quand’ella gli ebe ben tutto insegnato
ciò ch’egli avesse a far nel suo venire,
la donna del baron prese coni iato
dicendo: — Addio, addio! — nel suo partire.
Quando fue tempo, il cavalier pregiato
all’albergo tornò sanza fallire.
L’albergator domandò onde venia.
— Taci — diss’egli, e non gli rispondia.
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Po’ cavalcò a piè d’una finestra,
ch’ella avie detto che dovesse andare,
e la donzella, si come maestra,
tutte le guardie fe’ adormentare.
Com’ella il vide, disse ardita e presta:
— O cavalier, come voglián portare
certe mie gioie? — Ed e’ parlò giocondo:
— Vienne pur tu, ch’i’ non curo altro al mondo.