Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/172

76
La reina, che ’ntende il convenente,
disse fra sé: — Questo è de’ miei figliuoli. —
La balia fé* venire imantanente;
disse: — Di’ ’l vero, se morir non voli,
questi è mio figlio ben certanamente.
No’ lo uccidesti, come dir mi suoli! —
La balia tutto il fatto le contòe,
com’ella a’ mercantanti lo donde.
77
E la reina allor s’inginocchiava,
piangendo disse: — Dolce figliuol mio! —
davanti a lui umilmente parlava,
merzé gli chiede per l’amor di Dio,
e perché ’l face morir gli contava,
dicendo: — Per te arsa or sarò io,
ma allegra, figliuol mio, io si morraggio
poiché ricognosciuto hai ’l tuo lignaggio. —
78
Disse Gibello, Io garzo’ reale:
— Dolce mia madre, non aver paura
ch’i’ho con meco gente imperiale,
che da tre re vi terrebon sicura.
Questa giustizia non è ragionale,
e proverollo colla mia armatura.
A Genitrisse lo re sconfiggemmo,
si che voi ben, madonna, francheremmo. —
79
La novella si spande per la corte
come Gibello era figliuol del rene.
Tutta la gente se n’allegra forte,
e ’l suo fratei gran feste si ne féne.
Lo re condanna la regina a morte,
ched ella ne fosse arsa in fuoco e in pene..
Armato fu Gibel, quando lo ’ntese,
colla sua gente lo palazio prese.