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106 iv - istoria di tre giovani disperati e di tre fate


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— Io ti dono la vita e la tua terra;
rendimi la mia borsa e ’l mio tappeto
ed io ti leverò cotanta guerra
e poi ti conterò questo secreto. —
Costei che gli lo dica pur lo serra;
ma Biagio alle parole stava cheto.
Lei disse: — Fammi questo manifesto,
e donarotti assai, oltra di questo. —
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E disse: — Se tu m’ami, o sire adorno,
trammi del capo, deh, questa oppinione! —
Biagio gli disse: — Vedi questo corno?
Vo’ che tu sappi questa condizione:
ogni volta che ’l suono, notte o giorno,
vien dieci squadre armate a tua intenzione. —
Disse la donna: — È cotesto possibile?
— Sì — disse Biagio — lo vedrai visibile. —
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Disse la donna: — Fammi di ciò sazia:
io mi voglio recar quivi da parte;
e se mi dai, barone, tanta grazia,
io ti darò del mio reame parte. —
Seppe costei si ben far con sua audacia,
come colei che di ciò sapea l’arte,
Biagio gli ha il corno nelle sue man dato;
costei con gran vaghezza l’ha accettato.
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Montò sul suo cavallo per ragione
e, come s’ebbe alquanto a discostare,
conobbe come quella è fatagione;
comincia el suo cavallo speronare.
— Mio danno! — disse Biagio — Io n’ho cagione,
ch’i’ m’ho lassato di nuovo gabbare! —
Come non ebbe il corno in sua balia,
tutta la gente fu sparita via.